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Displasia nel cane: come prevenirla nel tuo cucciolo

Displasia nel cane: come prevenirla nel tuo cucciolo

Cari amanti degli animali,

Nella nostra costante ricerca per migliorare la salute e il benessere dei vostri fedeli amici, desideriamo evidenziare l’importanza dello screening ortopedico precoce per i cuccioli di cane di taglia media, grande e gigante.

Presso la Clinica Veterinaria San Maurizio, ci impegniamo a offrire un servizio completo e personalizzato per garantire una vita sana e felice ai vostri amici pelosi.

 

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Vomito, istruzioni per l’uso!

Vomito, istruzioni per l’uso!

Il vomito è uno dei sintomi più comuni nei nostri cani e gatti. 

Vediamo di capire meglio come gestirlo:

II vomito o emesi è l’espulsione rapida attraverso la bocca di materiale gastrointestinale, provocata dalla rapida contrazione involontaria dei muscoli dell’addome, associata ad un’apertura del cardias (lo sfintere attraverso il quale l’esofago sbocca e s’immette nello stomaco) in seguito ad un’onda antiperistaltica che parte da quella parte di piccolo intestino detta digiuno.

Il materiale emesso può essere alimentare o non alimentare.

E’ bene differenziare il vomito dal rigurgito perché quest’ultimo è una risalita del contenuto gastrico nella bocca che avviene senza la contrattura dei muscoli dell’addome e non preceduta da nausea.

Dopo il vomito può venire molta sete, ma finché lo stomaco è infiammato ne conseguiranno ulteriori episodi di vomito. 

E’ bene quindi togliere le ciotole di acqua e cibo per qualche ora dopo il vomito. 

Il vomito è un sintomo molto aspecifico. 

Può essere dovuto a cause riferibili al tratto digestivo:

– Malattie ostruttive, tra cui neoplasie

– Ulcere

– Infezioni, tra cui gastrite, gastroenterite

– Malattie infiammatorie, tra cui colecistite, pancreatite, appendicite, epatite

– Alterazioni della motilità

 

Oppure può essere secondario a cause estranee al sistema digerente:

– Malattie cardiopolmonari

– Alterazioni del sistema sensoriale, tra cui cinetosi, labirintite

– Malattie e disfunzioni cerebrali, tra cui commozione, emorragie, ascessi, idrocefalo, tumori, ipertensione endocranica

– Alterazioni metaboliche, fisiologiche o indotte:

Malattie della tiroide e paratiroidi

Uremia

Chetoacidosi

Insufficienza surrenalica

Ipoglicemia ed iperglicemia

Gravidanza

 

– Assunzione di varie sostanze:

Farmaci, tra cui chemioterapici, analgesici, antibiotici, digossina, oppiacei, gli appositi farmaci emetici

Sostanze tossiche.

Tossine endogene, o di origine microbica prodotte in corso di infezione o introdotte per via alimentare.

 

Dopo il digiuno è possibile somministrare un protettore gastrico (Solo dopo consulto con il Veterinario curante) e poi proporre una dieta molto digeribile e frazionata (piccoli pasti frequenti) per qualche giorno.

Ovviamente è fondamentale individuare la causa scatenante il vomito ed è quindi bene consultare il proprio Veterinario e prenotare una visita tempestiva qualora gli episodi di vomito fossero ripetuti. 

Una causa particolare di vomito può essere la cinetosi ovvero la nausea scatenata dal “mal d’auto”, per prevenire questo malessere è bene abituare sin da piccoli i nostri animali ai viaggi proponendo dei percorsi via via più lunghi (si può partire dalla sosta in auto per qualche minuto, al giro dell’isolato e così via… ).

E’ possibile inoltre ricorre a particolari cerotti allo zenzero da applicare su pettorina/trasportino fino a veri e propri farmaci antinausea dopo essersi consultati con il proprio Medico Veterinario. 

Importantissimo ricordarci che conati di vomito improduttivi (ovvero senza emissione di contenuto gastrico) sono tipici della torsione di stomaco (Vedi: https://www.clinicaveterinariasanmaurizio.it/che-cose-la-torsione-dello-stomaco-e-come-prevenirla/) che è una vera e propria emergenza e che è quindi bene, in caso di comparsa di questo tipo di sintomatologia, di recarci immediatamente dal Veterinario per una visita. 

Crisi convulsive e stato epilettico nel cane e nel gatto

Crisi convulsive e stato epilettico nel cane e nel gatto

Le crisi convulsive sono un’ emergenza molto frequente nei nostri animali; si realizzano quando alcuni neuroni sviluppano una attività anomala a cui sono associate differenti manifestazioni cliniche, dipendenti dall’ estensione e dalla localizzazione dell’area cerebrale coinvolta.

Proprio per il fatto che possono essere interessate diverse aree del sistema nervoso centrale, e quindi manifestare sintomatologie differenti, è difficile descrivere univocamente tutte le crisi convulsive.

L’area del cervello dove si verifica l’attivazione di una popolazione di neuroni viene definito “focus epilettogeno”, l’attività anomala dell’area può generare manifestazioni cliniche differenti in funzione alla dimensione dell’area cerebrale colpita ed all’attività dei neuroni inibitori circostanti, questi ultimi bloccano il propagarsi della scarica elettrica ed il manifestarsi dei sintomi.

Quando questi neuroni sono in grado di inibire la scarica elettrica, il paziente non manifesta segni evidenti di una crisi convulsiva, che è però rilevabile con l’elettroencefalogramma (EEG).

In alcuni pazienti l’equilibrio tra focus epilettogeno e neuroni inibitori può rompersi a seguito di alterazioni  metaboliche quali ad esempio: ipoglicemia, ipossia, squilibri elettrolitici, ipertermia, in questi casi possono manifestarsi i sintomi della crisi convulsiva.

 

 

Le crisi convulsive possono essere distinte in:

  • crisi focali;
  • crisi convulsive parziali (semplici o complesse);
  • crisi convulsive generalizzate.

Le crisi convulsive focali, non sono rilevabili clinicamente, ma alterano l’elettroencefalogramma.

Le crisi convulsive parziali si distinguono in semplici o complesse, sono rilevabili clinicamente come contrazioni di alcuni gruppi muscolari, alterazioni del sensorio con o senza perdita di coscienza e dovute all’attivazione di una piccola area del prosencefalo alterata strutturalmente o di origine idiopatica.

Le semplici sono responsabili di un’attività contratturale della muscolatura scheletrica, mentre le complesse, oltre alla contrazione della muscolatura scheletrica, possono dare origine a crisi generalizzate e sono associate ad alterazioni comportamentali o della coscienza. Entrambe possono colpire un solo lato del paziente indicando così l’area coinvolta.

Le crisi convulsive generalizzate si manifestano con contrazioni della muscolatura scheletrica, perdita della stazione, movimento di pedalamento, dilatazione pupillare, perdita della coscienza, mandibola serrata, possibile scialorrea, perdita di urine e feci.

Le crisi possono durare pochi secondi o minuti; quando le crisi non manifestano segni di recupero, ma persistono (5 minuti o più) si definisce stato epilettico che può produrre lesioni neurologiche e necrosi dei tessuti nervosi. Lo stato epilettico può presentarsi anche come crisi convulsive di lunga durata intervallata da periodi di incoscienza.

Le crisi cosiddette a grappolo o cluster sono crisi convulsive che si ripetono nell’arco di 1-24 ore. Tra una crisi e la successiva il paziente ritorna a uno stato mentale e motorio normale con una fase “post ictale” (Vedi sotto), in alcuni casi il paziente può restare incosciente.

Lo stato epilettico necessita di cure immediate perché può compromettere le funzioni vitali impedendo una normale ventilazione e perfusione tessutale, le crisi convulsive possono talvolta essere gestite con terapie domiciliari.

Nelle crisi convulsive si distingue una fase pre ictale, o pre-crisi, durante la quale è possibile riscontrare alterazioni comportamentali e molto frequentemente agitazione con ricerca del proprietario e può durare da pochi secondi, a ore o addirittura giorni.

La fase ictale corrisponde alla crisi vera e propria con la comparsa della caratteristica sintomatologia.

La fase post ictale ha durata estremamente variabile da pochi minuti ad alcuni giorni può manifestare una sintomatologia molto varia, ad esempio: debolezza, disorientamento, paura, midriasi, cecità di origine centrale transitoria e polifagia.

 

Le cause delle crisi convulsive possono essere classificate in due grandi categorie: intra e extra craniche.

Le extracraniche sono in genere conseguenti a squilibri metabolici o patologie sistemiche che producono alterazioni dello stato elettro-fisiologico del tessuto cerebrale causando più frequentemente crisi convulsive generalizzate.

Possono essere dovute a:

  • accumulo di tossine (ad es. insufficienza epatica e renale);
  • disturbi metabolici (ad es. ipoglicemia, iperlipidemia, ipocalcemia, ipotiroidismo);
  • ipossia;
  • ipertermia;
  • intossicazioni (ad es.: teobromina, caffeina, organofosfati, piombo, stricnina);
  • parassiti intestinali.

Le patologie di origine intracranica, identificate come cause primarie sono:

  • patologie congenite (ad es. malformazioni);
  • neoplasie cerebrali;
  • processi infiammatori (ad es.: encefaliti);
  • degenerazione (ad es. da compromissione vascolare)
  • traumi.

I farmaci d’elezione di primo impiego nella terapia dello stato epilettico sono le benzodiazepine a rapida diffusione nel sistema nervoso centrale quali il diazepam o il midazolam.

Quando non è possibile avere un accesso vascolare è possibile somministrare le benzodiazepine  per via rettale.

I pazienti refrattari alla terapia con le benzodiazepine devono trattati con i barbiturici ( Es. fenobarbitale).

Oltre all’utilizzo di farmaci anticonvulsivanti è necessario controllare la temperatura, di fatto l’attività convulsiva può causare un drammatico aumento della temperatura basale (anche maggiore di 40,5°C).

Nei pazienti ipertermici  è necessario un intervento veterinario rapido. Nel frattempo è possibile bagnare con acqua fresca le estremità degli arti e, se necessario, usare anche un ventilatore, tale procedura deve essere effettuata fino al al raggiungimento dei 39,5°C (oltre può esservi rischio di ipotermia).

E’ sconsigliato l’utilizzo del ghiaccio a contatto con la superficie corporea per evitare la vasocostrizione locale che ostacola la termodispersione.

L’ipertermia può causare coagulazione intravasale disseminata, ipoglicemia, ipotensione, edema polmonare e compromissione della funzione cerebrale e vitale.

Il deficit della perfusione può essere conseguente all’ipertermia e allo shock distributivo; i pazienti devono essere strettamente monitorati e trattati con ossigenoterapia o ventilazione a pressione positiva.

Comunemente a seguito di una violenta attività convulsiva si verifica un’edema cerebrale che deve essere trattato tempestivamente.

Quando il paziente è stabile può essere impostata una terapia con fenobarbitale ed eventualmente con bromuro di potassio a discrezione del neurologo veterinario.

Il fenobarbitale è il barbiturico più utilizzato nelle sindromi convulsive sia nel cane che nel gatto, ha una lunga emivita e sono necessari 10-15 giorni per raggiungere un livello costante nel sangue; la fenobarbitalemia deve essere mantenuta in un intervallo di 15-45 mcg/ml.

La dose di barbiturico può essere ridotta quando lo si associa alla somministrazione di bromuro di potassio in quanto potenzia l’effetto del fenobarbitale senza gravare sulla funzionalità epatica poichè è escreto per via renale; possiede una lunga emivita lunga e sono necessari 120 giorni per raggiungere un livello costante ematico.

Altri anticonvulsivanti utilizzati sono il gabapentin, il pregabalin e la zonisamide.

UN INCUBO CHIAMATO GIARDIA!

UN INCUBO CHIAMATO GIARDIA!

La Giardia è un parassita intestinale estremamente diffuso. Può infestare l’intestino sia del cane che del gatto, determinando sintomi più o meno evidenti, anche gravi.

La giardiasi è una parassitosi causata dal flagellato intestinale Giardia duodenalis, protozoo cosmopolita di numerose specie di mammiferi, sia domestici (cane, gatto, ovini, bovini, ecc.) che selvatici. 

La Giardia ha due forme biologiche, il trofozoite, che vive nell’intestino dell’ospite nutrendosi e riproducendosi asessualmente, e la cisti, che viene emessa con le feci dell’ospite ed è necessaria per la trasmissione del parassita.

La trasmissione della Giardia è di tipo oro-fecale, dovuta alle cisti del parassita che, emesse con le feci dell’ospite, rimangono vitali nell’ambiente per lungo tempo, in attesa di essere ingerite da un nuovo ospite. 

Il contagio può avvenire per contatto diretto con un ospite infetto (cisti possono essere presenti sulle mani di una persona o sul pelo di un cane) o con l’ambiente da esso frequentato e contaminato (es. il suolo di un giardino in cui viva un cane infetto), o per ingestione di cisti presenti nelle acque o su alimenti di origine vegetale utilizzati crudi.

Essendo Giardia duodenalis in grado di parassitare numerose specie di mammiferi, la trasmissione zoonotica tra animali ed uomo è possibile. Tuttavia gli animali domestici come cani, gatti e bovini sono spesso parassitati da ceppi specie specifici, non in grado di infettare l’uomo. 

I ceppi umani sono invece tutti zoonotici ed in grado di infettare numerose specie di mammiferi (es. cani, gatti, scimmie, ecc.).

L’infezione da Giardia può essere asintomatica, ma generalmente la parassitosi si manifesta con diarrea intermittente, feci particolarmente maleodoranti con muco, vomito, crampi addominali, gonfiore e flatulenza. 

Nel cane sono frequenti casi di infezioni totalmente asintomatiche.

Un animale parassitato può eliminare ogni giorno con le feci migliaia di cisti di Giardia, in grado di rimanere infettive per mesi se si trovano in un ambiente idoneo, come per esempio un giardino ombroso. Le cisti possono essere presenti anche sul pelo del nostro pet. 

La principale misura preventiva nei confronti di un parassita di questo tipo è l’osservanza delle normali norme igieniche: lavare le mani con frequenza, raccogliere le deiezioni e detergere bene l’area perinatale del nostro animale. 

Nel caso in cui la giardiasi sia stata diagnosticata al nostro animale domestico, queste norme devono essere applicate rigorosamente e bisogna prestare la massima attenzione per limitare la fecalizzazione ambientale raccogliendo le deiezioni e detergendo rigorosamente l’area perianale. 

È fondamentale impedire al cane di mangiare le proprie feci e quelle di altri cani.

E’ raccomandato pulire gli ambienti contaminati dalle feci con prodotti disinfettanti.

Giardia duodenalis è uno dei parassiti più frequentemente diagnosticati nei cani, siano essi padronali o di canile. 

Negli ultimi anni la sua diffusione in quest’ospite sembra essere in aumento, tuttavia si potrebbe trattare di un aumento apparente, legato in realtà ad un’accresciuta attenzione dei veterinari nei confronti di questo parassita. 

L’alta fecalizzazione ambientale tipica dei canili e la coprofagia di alcuni cani favoriscono senz’altro la trasmissione e la diffusione di questo protozoo. 

I cani sono per lo più parassitati da un ceppo specie specifico, ma possono infettarsi anche con i 2 ceppi zoonotici A e B. 

I casi di giardiasi nel gatto sono molto più rari, fondamentalmente grazie all’innata “pulizia” di quest’ospite.

La giardiasi nel cane deve essere sospettata in caso di diarrea, anche intermittente, particolarmente maleodorante. 

La sintomatologia è di solito più grave nei cuccioli ed in generale in quei soggetti il cui sistema immunitario è compromesso (Es. animali debilitati, anziani e in quelli che soffrono di altre patologie concomitanti).

La diagnosi si effettua con un esame a fresco o con un test ELISA su campioni di feci, in grado  di mettere in evidenza gli antigeni presenti in esse.

Esistono dei farmaci specifici, prescrivibili eventualmente dal Medico Veterinario, in grado di debellare l’infestazione. La ricomparsa del parassita è frequente, nonostante il loro utilizzo.

La somministrazione di prebiotici e probiotici per nutrire i microorganismi intestinali è un validissimo supporto terapeutico.

Debellare questo parassita può non essere semplice, a causa della sempre maggior frequenza di ceppi resistenti ai più comuni farmaci. 

In generale, può non essere sufficiente un unico ciclo di trattamento ed è altamente consigliato un controllo post trattamento, per verificare se il parassita sia stato effettivamente eliminato.

Qual è l’antiparassitario che fa per me?

Qual è l’antiparassitario che fa per me?

L’arrivo della bella stagione porta con sè anche il ritorno di ospiti indesiderati come pulci, zecche, zanzare, flebotomi (vettori della leishmaniosi) e con la ripresa dell’attività all’aperto, l’aumento del rischio di contrarre pericolose parassitosi come la filaria e i vermi intestinali e polmonari.

Il prodotto perfetto non esiste, ma ogni profilassi và modulata in base al paziente che la riceve. 

Nella scelta dell’antiparassitario va considerato lo stile di vita dell’animale, ovvero se fa vita prevalentemente all’aperto, se vive esclusivamente in casa, se fa spesso bagni, se vive in campagna piuttosto che in città, se va per boschi, se viaggia spesso nelle regioni costiere, viaggia all’estero ecc.

Iniziamo a classificare i prodotti per modalità di somministrazione.

In commercio esistono:

Pipette spot on, che si applicano sulla cute o in punto solo o in più punti, da dietro alle orecchie fin verso alla coda.

Tra questi prodotti al momento, c’è la maggior variabilità tra efficacia, durata, spettro di applicazione e sicurezza per l’animale e il proprietario. La loro applicazione deve essere effettuata a distanza di 48 ore dal bagno.

Fipronil (Frontline): Attenzione!! Non utilizzare sul coniglio perché letale.

Va bene sia per cani che per gatti, non è tossico ed è di facile applicazione ma è efficace solo contro pulci, zecche e pidocchi, agisce solo sui parassiti adulti, dura 4 settimane e va fatto lontano dal bagno, ma non ha effetto repellente. Si applica in un solo punto sulla cute del dorso, nella regione sopra scapolare.

Negli ultimi anni il Fipronil è stato integrato con una sostanza, il Methoprene (Frontline Combo), che inibisce la crescita degli stadi larvali delle pulci e può essere di aiuto per evitare le infestazioni domestiche. Il prodotto, non ha però effetto repellente, quindi permette alle pulci e alle zecche di salire sul cane e sul gatto e di fare il pasto di sangue prima di ucciderle.

Solo per cani è stato aggiunto al Fipronil un’altra sostanza la Permetrina (Frontline Triact), che ha effetto repellente su pulci, zecche, zanzare, flebotomi e mosche cavalline.
Attenzione!! Sui gatti è potenzialmente letale.

Tutti questi prodotti a base di Fipronil durano 4 settimane ed hanno tra i vantaggi quello di poter essere applicati sulla cute in un solo punto, eccezion fatta per il TriAct che necessità l’applicazione in più punti per evitare fenomeno di irritazione locale ed eccessivo accumulo della Permetrina.

Rarissimi gli effetti collaterali, quali agitazione, irrequietezza ed irritazione cutanea e comunque sono di breve durata. I bagni frequenti ne limitano l’efficacia e la durata. Rimanendo tra i prodotti a base Fipronil, ma con l’aggiunta di Methoprene, Praziquantel e Eprinomectina, solo nel gatto, da qualche anno, è presente sul mercato, sempre spot on, un antiparassitario abbastanza completo, che si chiama Broadline.

Oltre a pulci, zecche e pidocchi, riduce la contaminazione ambientale ed elimina anche vermi piatti, come le tenie, vermi tondi intestinali, vermi polmonari e previene la filariasi cardiopolmonare. Dura 4 settimane, non è tossico e si può usare a partire dalle 7 settimane di età e si può applicare in caso di gravi infestazioni anche ogni 2 settimane senza rischi.

Tra i prodotti spot on che durano 4 settimane c’è l’Advantix della Bayer, che si usa soltanto nel cane, è a base di Imidacloprid e Permetrina, molto efficace su pulci, zecche e pidocchi ed ha azione repellente anche su zanzare, flebotomi e mosche cavalline. Va applicato in più punti sulla cute del dorso da dietro le orecchie a fin sopra la coda. Nei cani di piccola taglia può dare irritazione locale ed irrequietezza nei primi giorni di applicazione.

Per una efficacia azione repellente nei confronti dei flebotomi che trasmettono la Leishmania si consiglia di applicarlo anche ogni 2-3 settimane. Tossico nei gatti se non mortale. La stessa azienda ha però prodotto una versione per gatti che contiene solo Imidacloprid, dal nome simile a quello del cane, infatti si chiama Advantage per cui è facile confondersi, quindi attenzione. Funziona solo sulle pulci, dura dalle 3 alle 4 settimane e si può usare anche sui conigli.

Poi sempre la stessa azienda ha prodotto un antiparassitario, sempre a base Imidacloprid con aggiunta di Moxidectina, richiamando lo stesso nome, Advocate, che oltre alle pulci elimina gli acari della pelle come la rogna sarcoptica, la rogna delle orecchie e la demodettica, elimina i pidocchi, impedisce la infestazione della filariasi cardio polmonare ed elimina alcuni vermi intestinali e i vermi polmonari. Ma non fa le zecche. Si può usare anche nei furetti. Dura 4 settimane. I bagni frequenti ne limitano la durata ed efficacia (Tutti gli Spot-on)!

Stronghold; sempre tra gli spot on per cani e gatti, c’è un prodotto a base si Selamectina, combatte le pulci adulte, le larve e le uova, gli acari della rogna auricolare e sarcoptica, alcuni parassiti intestinali, previene la filariosi cardio-polmonare, ma non è efficace contro le zecche e non agisce come repellente. Si può applicare già in animali di 6 settimane.

Si utilizza nel coniglio.

Applicazione cutanea in un sol punto. Da quest’anno, solo per il gatto, è stato potenziato con l’aggiunta di Sarolaner, si chiama Stronghold Plus, agisce oltre che su tutti i parassiti sopraddetti anche contro i pidocchi e le zecche, dura 5 settimane contro le pulci e 4 contro le zecche. Entrambi sono molto ben tollerati.

Vectra 3D; un altro prodotto spot on per cani molto efficace è una miscela di tre sostanze, Permetrina, Piroproxifene e Dinotefuran. E’ efficace contro le pulci adulte e stadi larvali, le zecche, i flebotomi, le zanzare e le mosche ed ha azione anche repellente. Dura 4 settimane. Nei gatti si usa il Vectra Felis perché non contiene la Permetrina, molecola molta tossica per questa specie. Agisce solo sulle pulci sia adulte che stadi larvali.

Expot; tra i prodotti spot on uno tra i più efficaci contro le zecche, agisce anche contro pulci, pidocchi, zanzare, flebotomi e mosche, ha azione repellente, dura 4 settimane, ma non è da utilizzare nel gatto, sempre per via della Permetrina.

Practic; a base di Piriprolo, efficace solo contro pulci adulte e zecche, non agisce contro gli stadi larvali e le uova delle pulci. Dura 4 settimane e non va utilizzato nei gatti.

Ancora fra i farmaci spot on per gatti dobbiamo ricordare il Bravecto e il Bravecto Plus, il primo a base di Fluralaner agisce contro pulci adulte e zecche eh ha una durata di 3 mesi, il secondo, Bravecto Plus, ha in aggiunta la Moxidectina che amplia lo spettro nei confronti di alcuni vermi gastrointestinali e previene la filariosi cardiopolmonare, la sua durata è variabile, 3 mesi per pulci e zecche e due mesi per parassiti intestinali e filariosi.

Profender; da ultimo, ma non per questo meno importante, sempre solo nei gatti abbiamo tra i prodotti in pipetta il con due principi attivi, il Praziquantel e l’Emodepside, unico tra questi prodotti a trattare le infestazione dei soli parassiti interni sia intestinali ed in particolare la tenia, che polmonari. Non previene la filariosi. Non elimina ne pulci ne zecche! Dura 4 settimane.

 

Spray, si applicano sempre sulla cute, ma nebulizzandoli su tutto il corpo, zampe e pancia comprese;

Attualmente poco utilizzati con l’introduzione in commercio delle pratiche pipette Spot-on che in pochi secondi permettono l’applicazione dell’antiparassitario a differenza dei prodotti spray dove solo per citare il più famoso, il Frontline spray, sono necessari nebulizzare sull’animale dai 6 ai 12 spruzzi per Kilo di peso. Per cui comprendete che trattare un cane di 30 chili di peso significa spruzzare dalle 180 alle 360 nebulizzazioni. Altro prodotto storico tra gli antiparassitari spray, utilizzabile sia nel cane che nel gatto (attenzione alle dose che in questa specie il sovradosaggio può essere pericoloso), e il Neo Erlen a base di Fenotrina, Tetrametrina e Dietiltoluamide. Esiste anche in formato shampoo il cui vantaggio potrebbe essere quando esiste la necessità di lavare il cane o il gatto ma contemporaneamente trattare i parassiti. Questo perché tutti i prodotti antiparassitari sia in spray che in pipette Spot-on hanno la maggior efficacia se utilizzati lontano dal bagno. Perché sfruttano lo strato lipidico cutaneo di superficie per essere veicolati e resistere sul mantello. Durata 7 giorni, se non viene bagnato.

Come ulteriore protezione verso la leishmaniosi si può utilizzare uno spray cutaneo ad alta concentrazione di azadiractina (neem oil). Prodotto di origine naturale per cani e gatti, è indicato anche per cuccioli e

femmine in gravidanza e la zia azione repellente nei confronti dei pappataci è scientificamente provata (RP03 Spray, Zetamax spray).

 

 

Shampoo, ovviamente qui si deve fare il bagno all’animale;

Il più noto ed efficace è lo shampoo Neo Erlen. Si precisa che tutti gli shampoo non hanno effetto residuo, ovvero l’applicazione dello shampoo determina la morte dei parassiti presenti sull’animale ma poi si rende subito necessaria (entro 24 ore) l’applicazione di altri prodotti come pipette, compresse o collari che perdurino per 1-2-3 fino ai 7-8 mesi del collare Seresto.

 

Compresse, dove il principio attivo va fatto ingerire all’animale;

Anche tra questa tipo di formulazione al momento sul mercato è presente un ampia varietà di prodotti. Li accomuna lo spettro di azione antiparassitaria, efficace su pulci, zecche e acari della rogna (otodettica, sarcoptica e demodettica).

Non hanno effetto repellente, non agiscono sugli stadi larvali del parassita per cui non impediscono la contaminazione domestica ed è necessario che la pulce o la zecca faccia il suo pasto di sangue affinché il prodotto agisca. 

Trovano la loro principale indicazione nella facilità di impiego, molto appetibili perché aromatizzate, nella bassissima tossicità sia del cane, gatto, ma sopratutto per le persone e nella infinite possibilità dell’animale di bagnarsi, ovviamente senza perdere di efficacia. Si usano a partire tra le 8 e le 9 settimane di vita e per pesi del cucciolo tra i 1,3 e i 2 kg.

Tra questi troviamo:

Bravecto; tra i primi ad uscire in commercio, a base di Fluralaner, solo per cani il formato in compresse, E’ efficace per tre mesi. Nel gatto, come accennato sopra, il Bravecto è in formulazione pipetta Spot-on. Durata sempre tre mesi.

Simparica; a base di Sarolaner, contribuisce alla riduzione della infestazione domestica perché uccide le pulci prima che riescano a deporre le uova.

Simpatica Trio; ampliato lo spettro con l’aggiunta di Mibelmicina comprendendo anche la prevenzione della filariosi cardio-polmonare, vermi tondi intestinali e vermi polmonari, sia in prevenzione che in trattamento. Entrambi durano 1 mese.

Credelio; a base di Lotilaner, stesso spettro di azione antiparassitaria del Bravecto e Simparica. Durata 1 mese.
Esiste la formulazione per Gatti, sempre in compresse. L’unico al momento sul mercato destinato a questa specie.

NexGard; a base di Afoxolaner, solo per Cani, l’unico che agisce su pulci adulte, zecche e acari della rogna sarcoptica e demodettica, in questo caso riportato nel foglietto illustrativo, quindi l’uso è previsto e consentito.
NexGard Spectra; ampliato lo spettro con l’aggiunta di Mibelmicina comprendendo anche la prevenzione della filariosi cardio-polmonare, vermi tondi intestinali e vermi polmonari, sia in prevenzione che in trattamento. Entrambi durano 1 mese.

Cardotek 30 plus; a base di Ivermectina e Pyrantel ed è efficace nel prevenire la infestazione della filariosi cardio-polmonare e alcuni vermi tondi intestinali. Solo nel Cane, dura 1 mese

Interceptor e Interceptor Plus; a base di mibelmicina, utile per la prevenzione di filariosi, alcuni vermi tondi intestinali, alcuni vermi polmonari e la rogna demodettica. Il Plus, contenendo Lufenuron è utile anche per combattere l’infestazione da pulci attraverso la prevenzione della contaminazione ambientale, impedendo di fatto la schiusura delle uova . Solo nel cane, dura 1 mese.

 

 

Collari antiparassitari: sono utilizzati soprattutto per la prevenzione della infestazione da pulci, zecche, pidocchi, zanzare, flebotomi e mosca cavallina. Hanno azione repellente e alcuni sono resistenti all’acqua, anche se bagni molto frequenti e prolungati riducono il tempo di efficacia.

Sono di lunga durata, variabile tra i 4 e gli 8 mesi. Presentano un certo grado di tossicità per cui è da evitare che l’animale dorma nel letto e soprattutto da evitare il contatto con neonati e bambini. Possono presentare un certo grado di irritazione locale nel punto di applicazione e alcuni soggetti possono manifestare irrequietezza nella prima settimana di applicazione. Vanno applicati a partire dai 2 mesi di vita dell’animale. Tra questi citiamo:

Seresto; a base di Imidacloprid e Flumetrina, tra i più efficaci nella riduzione del rischio di infestazione di pulci, agendo anche sulle larve e riducendo la contaminazione ambientale, molto efficace anche contro le zecche e nel prevenire le malattie da loro trasmesse e nel ridurre il rischio di puntura da parte del flebotomo con conseguente riduzione del rischio della infezione di leishmania. Utilizzabile anche nei gatti. Buona resistenza all’acqua. Il più duraturo, fino a 7-8 mesi.

Scalibor: a base di Deltametrina, tra i più efficaci nel ridurre il rischio leishmaniosi garantendo 12 mesi di protezione con un solo collare, buona azione contro zecche, discreta per le pulci, solo 4 mesi. Da NON usare nei gatti! Poco resistente al bagno, per cui si consiglia di non farli durante la prima settimana di applicazione e di rimuoverlo in caso di necessità.

 

 

Iniettabili; sono solo di uso esclusivo veterinario, in commercio ce ne sono diversi, ciascuno per un particolare parassita. Si usano solo per parassiti interni e per alcuni tipi di rogna.

 

Polveri; ormai in disuso, poco pratiche nell’uso, altamente tossiche, senza effetto residuo, poca azione repellente. Da NON usare, anche nei gatti.

 

La scelta del prodotto antiparassitario è quindi articolata, spesso è necessario ricorre all’uso contemporaneo di almeno due prodotti per poter ottenere la massima copertura.

La decisione su quale antiparassitario scegliere va quindi sempre ponderata e basata soprattutto su l’indicazione del Medico Veterinario di fiducia che riuscirà a prescrivere o consigliare il prodotto o i prodotti più adatti a voi e al vostro Amico a quattro zampe!

Il mastocitoma nel cane e nel gatto

Il mastocitoma nel cane e nel gatto

Il mastocitoma (MCT) è il tumore più comune della cute del cane e origina dai mastociti, cellule responsabili delle reazioni allergiche e infiammatorie.

I mastociti contengono al loro interno delle sostanze, in particolare l’istamina, che possono essere responsabili di complicanze locali (eritema, prurito, gonfiore) e sistemiche (vomito, diarrea, shock anafilattico).

Il comportamento biologico o grado di malignità di questi tumori è altamente variabile in base alla specie, al sito di insorgenza ed alla presenza di metastasi.

La presentazione clinica di tale tumore è molto variabile.

In alcuni casi, il mastocitoma può presentarsi sotto forma di un singolo nodulo cutaneo o sottocutaneo con la tendenza ad ingrandirsi o a scomparire.

Altre volte è possibile notare sulla cute un’area più o meno estesa ed eritematosa (segno di Darier).

Ancor più difficile è sospettare la presenza di questa patologia quando vi sia il coinvolgimento degli organi interni in assenza di segni clinici.

I MCT possono avere un comportamento benigno, rimanendo invariati nel corso dei mesi/anni, così come un decorso clinico aggressivo a crescita locale e diffusione metastatica rapida.

I siti principali di metastasi sono rappresentati dai linfonodi regionali, seguiti poi da fegato e milza.

Qualsiasi neoformazione sospetta o nuova lesione cutanea che mostra la tendenza alla crescita ed al cambio di forma riscontrata sul nostro animale deve essere sempre indagata mediante visita clinica ed esame citologico.

La citologia del mastocitoma è infatti una tecnica di campionamento non invasiva e priva di effetti collaterali che, la maggior parte delle volte, può condurre rapidamente ad una diagnosi certa.

 

Il mastocitoma nel cane

Sebbene sia in grado di colpire soggetti di qualunque razza od incrocio, in particolare i soggetti di età media di 8-10 anni, esistono razze predisposte, in particolare:

Boxer

Shar-pei

Carlino

Bulldog francese

Bulldog inglese

Labrador

Beagle

Rhodesian ridgeback

Schanauzer

Bull terrier

Boston terrier

Canine Mast Cell Tumours

Il mastocitoma può comparire ovunque sulla superficie corporea, sia in forma singola che in forma multipla disseminata.

Nel cane il mastocitoma rappresenta il 7-25 % dei tumori cutanei.

Le sedi metastatiche più comunemente interessate in questa forma tumorale sono il linfonodo regionale, la milza ed il fegato, per ultimo i polmoni.

La forma viscerale, in questa specie, è quasi sempre conseguenza di disseminazione metastatica a partire da un mastocitoma cutaneo indifferenziato.

Oltre ai segni diretti causati da questa neoplasia, possono essere osservati segni indiretti o meglio conosciuti come paraneoplastici secondari alla presenza del mastocitoma.

Tra questi ricordiamo le ulcere del tratto gastroduodenale  provocate dal rilascio di istamina  e il ritardo della coagulazione a causa del rilascio di eparina da parte dei mastociti.

I pazienti affetti potranno dunque presentare, oltre alla neoplasia macroscopica, anche i seguenti segni clinici:

Vomito

Anoressia

Perdita di peso

Diarrea

Melena

Ulcere diffuse.

 

Il mastocitoma nel gatto:

Nel gatto il mastocitoma può presentarsi in 3 diverse ed importanti forme:

cutaneo

splenico

viscerale.

La forma cutanea nel gatto rappresenta il secondo tumore più frequente riscontrato a questo livello.

Esso può presentarsi come una piccola lesione nodulare chiara ed alopecica con localizzazione più frequente a testa o collo o, più raramente, come lesioni multiple.

Feline Cutaneous Mast Cell Tumors

Il mastocitoma cutaneo in questa specie si divide in due forme separate: una forma mastocitica (ben differenziata e anaplastica) ed una forma istiocitica.

E’ tendenzialmente benigno ma, esistendo, seppur rare delle forme anaplastiche con carattere metastatico, la stadiazione  e la successiva escissione chirurgica è tutt’oggi consigliata come prima scelta.

La forma splenica rappresenta, nel gatto, il tumore più frequentemente riscontrato a livello della milza.

Esso colpisce gatti adulti senza predisposizione di razza.

Gli animali affetti presentano marcata splenomegalia e sintomi aspecifici come anoressia, abbattimento, perdita di peso, ecc.

Il tasso metastatico ai linfonodi ed agli altri organi è piuttosto elevato, motivo per il quale, dopo stadiazione negativa, la terapia d’elezione prevede la splenectomia.

La forma intestinale, infine, rappresenta il terzo tumore più comune nel gatto in questo distretto.

Esso si presenta come una massa nodulare extraluminale più frequentemente a carico del piccolo intestino.

I proprietari spesso riferiscono dimagrimentodiarrea costante e/o intermittente e vomito.

Alla visita clinica, in particolare alla palpazione addominale, viene spesso percepita una massa.

Questa forma tumorale è molto aggressiva ed altamente metastatica ai linfonodi meseraici e fegato ed anche in questo caso la terapia d’elezione, quando possibile, è chirurgica e spesso accompagnata da chemioterapia adiuvante.

 

La diagnosi di mastocitoma

Come già accennato, il mastocitoma può essere diagnosticato mediante esame citologico oppure mediante esame istologico, riservato ad alcune forme particolari.

Una volta diagnosticato, fondamentale per la pianificazione dell’approccio terapeutico è la stadiazione

Per ottenere la stadiazione devono essere associati diversi tipi di indagine:

esami del sangue (emocromo, biochimico, esame urine, striscio e lettura del buffy-coat)

campionamento linfonodale

diagnostica per immagini (esame ecografico dell’addome con campionamento citologico di fegato e milza ed esame radiografico del torace per escludere metastasi a questi distretti.)

 

Approccio terapeutico

La scelta dell’approccio terapeutico può variare moltissimo in base allo stadio clinico.

Laddove possibile, fino al secondo stadio, la chirurgia risulta la prima scelta, accompagnata successivamente o meno da chemioterapia in base al grado istologico.

Nel terzo stadio, in assenza di coinvolgimento metastatico, la scelta potrebbe ricadere sulla radioterapia o sull’elettrochemioterapia.

La chemioterapia è una pratica innovativa che vede l’associazione di impulsi elettrici con la somministrazione di un farmaco chemioterapico con lo scopo di ridurre gli effetti collaterali sistemici legati alla chemioterapia ma anche quello di potenziare gli effetti citotossici e curativi a livello della regione da trattare.

L’elettrochemioterapia è una tecnica rapida, efficace  e poco invasiva.

La chemioterapia rimane comunque una valida alternativa terapeutica, anche in presenza di fattori prognostici negativi, essendo questo tumore altamente chemioresponsivo.

Esiste, inoltre, un medicinale antitumorale veterinario (tigilanolo tiglato) che può essere usato nei cani per trattare mastocitomi che non possono essere rimossi chirurgicamente e che non si sono diffusi in altre parti dell’organismo.

L’ INSUFFICIENZA MITRALICA NEL CANE

L’ INSUFFICIENZA MITRALICA NEL CANE

L’insufficienza mitralica dovuta a degenerazione mixomatosa della valvola mitrale, o degenerazione valvolare cronica è la patologia cardiaca acquisita più comune nei cani.

La valvola mitrale è posta tra l’atrio e il ventricolo sinistro. La malattia è caratterizzata da una progressiva degenerazione che deforma i lembi valvolari, impedendone la normale chiusura (insufficienza valvolare). Questo determina il reflusso di una quota di sangue in atrio sinistro (rigurgito mitralico).

Il soffio cardiaco auscultato durante la visita clinica nei pazienti con insufficienza mitralica non è altro che il rigurgito di questa porzione di sangue in atrio sinistro.

La gravità della patologia dipende dalla gravità delle lesioni valvolari e dal grado di insufficienza che ne deriva.

 

Prolasso della valvola mitrale: sintomi, intervento e conseguenze - Farmaco e Cura

 

Generalmente si presenta come una malattia a lenta progressione pur mantenendo una certa variabilità tra un individuo e l’altro. I cani affetti possono tollerare la malattia per anni.

La malattia si riscontra più comunemente nei cani di taglia piccola e media, come Cavalier King Charles Spaniels, Bassotti, Barboncini in miniatura e Yorkshire Terrier, ma i cani di qualsiasi razza possono essere colpiti.

La causa non è attualmente nota, ma è molto probabile che vi sia una predisposizione genetica e una ereditarietà allo sviluppo delle lesioni valvolari.

La diagnosi di questa patologia può essere confermata da un esame ecografico del cuore.

 

 

Una volta rilevata la malattia, la sua progressione può essere monitorata dai veterinari mediante l’esame clinico, ecografico e radiografico.

La maggior parte dei cani con patologia mitralica non presentano sintomi, ma con il progredire verso le fasi più gravi si può rilevare ridotta tolleranza all’esercizio e debolezza. I cani negli stadi più gravi della malattia possono sviluppare edema polmonare (insufficienza cardiaca congestizia/ scompenso cardiaco). L’edema polmonare è dovuto ad un accumulo di liquidi nel polmone e si manifesta con aumento del respiro o difficoltà respiratoria. I cani con segni di insufficienza cardiaca congestizia acuta sono spesso ansiosi e irrequieti durante la notte e nei casi più gravi assumono una posizione sternale e non riescono a coricarsi. Anche la tosse è un riscontro comune anche se non è un sintomo specifico di insufficienza cardiaca. Alcuni cani possono avere perdita transitoria dello stato di coscienza (sincopi). Quando la malattia è molto avanzata, anche il cuore di destra può andare incontro a scompenso con conseguente distensione dell’addome (dovuta all’accumulo di liquido in addome – ascite).

 

TGVET: Edema Polmonare nel Cane

 

La terapia è variabile a seconda della gravità della patologia e suggerita da linee guida alle quali in cardiologi veterinari si attengono.

Il proprietario può monitorare l’efficacia della terapia monitorando la frequenza respiratoria a riposo (normalmente inferiore ai 30 atti respiratoria al minuto).

Esistono anche delle applicazioni per smartphone che possono essere scaricate gratuitamente sul cellulare e possono aiutare nel monitoraggio della frequenza respiratoria a riposo.

La progressione della malattia può essere monitorata con controlli regolari.

L’insufficienza mitralica è una patologia complessa che prevede l’impostazione di una terapia cronica che sarà sempre in evoluzione. I farmaci e i relativi dosaggi dovranno essere regolarmente valutati con attenzione ed eventualmente adeguati nel tempo dallo specialista in base all’ evoluzione della patologia nel singolo paziente, al fine di aumentarne la sopravvivenza e la qualità di vita.

 

Barkyn • Il mio cane ha difficoltà a respirare: cosa faccio?

Che cos’è la dieta BARF?

Che cos’è la dieta BARF?

Sempre più spesso sentiamo parlare di dieta “BARF”, ma cosa significa?

Il termine BARF deriva dall’inglese “Bones and raw food” ovvero ossa e alimenti crudi, proprio perché questa dieta è composta di alimenti non cotti di origine animale, incluse ossa e frattaglie.

La dieta BARF si compone di ossa polpose (ovvero ossa ricoperte di carne, sono sconsigliate invece le ossa “nude” -i classici avanzi- che possono essere decisamente dannose per l’intestino), polpa di carne (intera o macinata), organi (fegato, cuore, polmoni e milza), trippa verde (importante per il mantenimento della flora batterica, da richiedere direttamente al macellaio, specificando di non “sbiancarla”, ossia di non pulirla) e verdure.

Viene integrata poi con uova, pesce e acidi grassi OMEGA-3 e variegata in base alla specie, alla taglia, alla capacità masticatoria, allo stile di vita ed ai gusti del cane o del gatto a cui è dedicata.

Nonostante sia sempre più in uso come alimento per i nostri animali, bisogna conoscere anche le insidie che una dieta cruda nasconde.

E’ necessario che chi sceglie una dieta a crudo, lo faccia con coscienza di quali sono i possibili rischi, sia per l’essere umano, che per il nostro animale.

Il maggiore rischio che una famiglia corre nel dare da mangiare cibo crudo al proprio animale è un rischio microbiologico.

I due principali batteri coinvolti in questo caso sono diversi ceppi di Listeria monocytogenes  e diversi ceppi di Salmonella.

Anche altri ceppi di batteri possono dare problemi, anche gravi, ma in genere non sono strettamente associati con l’alimentazione a crudo, quanto più con una scorretta conservazione degli alimenti e con la scelta delle materie prime.

Per Salmonella e Listeria è necessario essere ben informati prima di iniziare una dieta a crudo.

Listeria monocytogenes è un batterio particolarmente insidioso che può essere presente in diversi prodotti di origine animale, in particolare sulle superfici di carni fresche (in particolare pollo e tacchino), in salumi e prodotti carnei conservati poco stagionati, latte crudo (cioè non pastorizzato) e suoi prodotti derivati (ad esempio formaggi di latte crudo), vari prodotti della pesca (specialmente marinati e sotto sale, ma può trovarsi anche in prodotti freschi), nonché su diverse verdure e vegetali crudi (eccetto le carote, mele e pomodori che un polipeptide presente frena la crescita superficiale delle listerie).

Essendo un batterio particolarmente resistente alle normali forme di pulizia, praticamente si può trovare su tutte le superfici dei prodotti lavorati e in effetti ha una diffusione particolarmente ampia.

Listeria può causare patologia anche molto grave in soggetti immunocompromessi, dove può avere effetti anche letali. Inoltre Listeria può essere pericolosa per le donne in stato di gravidanza, dove può causare aborto.

Listeria non viene uccisa dalle temperature di refrigerazione, ma anzi, può moltiplicarsi anche sotto i 4 gradi. La temperatura dei nostri frigoriferi non è quindi in grado di fermarla. Listeria può inoltre sopravvivere alle temperature di congelamento, a seconda dei diversi tipi di alimenti che ha intorno, in particolare sopravvive più facilmente se circondata da materiale alimentare, come nel caso dei macinati. Listeria inoltre è anche abbastanza tollerante rispetto a variazioni di pH e di sale, che possono però rallentare la sua crescita.

Per prevenire la listeriosi nell’uomo è importante manipolare con accortezza le carni crude e gli altri alimenti che diamo ai nostri Amici, lavandoci le mani oppure usando dei guanti.

Oltre le generali regole di igiene, è bene ricordarci che Listeria sopravvive e si moltiplica nel nostro frigorifero e che è particolarmente resistente anche alla pulizia degli utensili. L’ideale è quindi avere degli strumenti dedicati ai vostri animali (coltello, mannaia, tagliere meglio di plastica, ma anche canovacci con cui asciugarsi le mani una volta lavate).

I sintomi principali della listeriosi negli animali sono alcuni sintomi aspecifici come nausea, vomito, diarrea e febbre. Raramente possono dimostrare sintomi neurologici. Nel caso di cagne gravide, è molto importante manipolare con cura cuccioli nati morti perché listeria può causare aborto. L’uomo contrae la listeriosi tramite ingestione quindi o tramite cibo contaminato oppure portano mani o superfici contaminate alla bocca. Buona regola è evitare il contatto di mani e utensili non disinfettati anche con gli occhi o altre mucose.

 

Salmonella spp. è una classe di batteri, composta da diverse “varianti” dette sierotipi, tutti primariamente parassiti intestinali dell’uomo e di altri vertebrati, anche se a volte possono essere trovarsi in altri tessuti (sangue, organi interni).  I principali alimenti responsabili di salmonellosi nell’uomo e negli animali sono uova crude o poco cotte, latte crudo e prodotti derivati, carne e derivati, frutta e verdura contaminate. Alcuni alimenti possono essere particolarmente pericolosi, come ad esempio la maionese.

Le salmonelle sono facilmente eliminabili tramite la cottura, dato che vengono uccise da temperature superiori a 48°. Salmonella sopravvive bene a temperature di refrigerazione (anche giorni o settimane), mentre viene uccisa da pH acidi (sotto 4). Le salmonelle raramente si trovano all’interno di un prodotto fresco non precedentemente manipolato dall’uomo, ma sono soprattutto presenti sulle superfici, dove arrivano per contaminazione fecale. Questo vuol dire che per tagli di carne interi (quindi NON macinato) e uova crude, una semplice “scottata” superficiale può ridurre il rischio salmonellosi.

Salmonella spp. si trova comunemente nel tratto digestivo di molti animali, in particolare in polli e galline. Anche se nelle Raw Diet non è comune dare interiora di pollo, dobbiamo ricordarlo quando diamo uova al nostro Amico. Anche i macinati che compriamo online possono essere contaminati, in quanto le superfici esterne tramite il processo di macinatura vengono portate all’intero, dove il batterio è protetto da grassi e proteine. I nostri Amici saranno a rischio soprattutto se i prodotti sono molto contaminati (e salmonella non dà alterazioni del colore e del gusto, per cui è difficile valutarlo) oppure se sono ad esempio in terapia con antiacidi, oppure ancora se mescoliamo carne o uova crude con degli amidi, che non permetteranno al pH dello stomaco di scendere a dovere ed uccidere le eventuali salmonelle presenti.

Oltre alle buone norme di igiene, come lavarci accuratamente le mani dopo aver manipolato carne e uova, lavare bene frutta e verdura ecc, dobbiamo tener presente che se vogliamo per qualche motivo (ad esempio presenza di bambini piccoli in famiglia, o di anziani ecc.) abbassare molto il rischio salmonella, la miglior regola da seguire ANCHE in una dieta cruda per i nostri Amici è quella di scottare la superficie della carne e di immergere le uova per un minuto e mezzo in acqua bollente.

Una dieta fatta di alimenti cucinati a tutto spessore ovviamente elimina del tutto, a meno di contaminazione successive alla cottura, le salmonelle.

La salmonella raramente riesce a superare il pH acido dello stomaco dei nostri Amici, ma nel caso passino questa barriera possono dare vomito, diarrea (anche emorragica), febbre, perdita di appetito e diminuzione dell’attività. Dobbiamo ricordare che la contaminazione è oro-fecale, quindi, oltre a maneggiare con cura gli ingredienti della dieta del nostro Amico, dobbiamo mantenere delle regole di buona igiene quando ne raccogliamo i bisogni oppure li accarezziamo.

 

Per queste ragioni una dieta cruda comunque NON è consigliabile in tutti quei casi in cui una persona appartenente al nucleo familiare abbia un sistema immunitario non ottimale (bambini, anziani, pazienti oncologici o sotto terapie immunosoppressive, donne in gravidanza… ).

Consapevolezza e conoscenza dei possibili rischi ci possono aiutare a gestire al meglio i pericoli derivanti da una dieta a crudo. Una scelta consapevole è la base necessaria su cui costruire una prevenzione ad hoc e soprattutto, per evitare danni gravi ed irreversibili, è fondamentale evitare il “fai da te” ed affidarsi ad un bravo nutrizionista Veterinario esperto in dieta a base di cibo crudo.

 

 

Per info: https://www.mariamayer.it/

Il forasacco: Un nemico subdolo!

Il forasacco: Un nemico subdolo!

La spiga o “forasacco” è l’arista delle graminacee.

Molte specie di graminacee sono presenti non solo in campi e giardini, ma anche nelle aree urbane e diventano un pericolo subdolo per i nostri animali nel periodo primaverile/estivo.

La particolarità e la pericolosità sono dovute alla caratteristica forma appuntita e lanceolata con presenza di propaggini uncinanti ed apertura “ad ombrello”; grazie a queste peculiarità la spiga si “aggrappa” al pelo dei nostri animali ed arriva alla cute attraverso il pelo, dove riesce facilmente a penetrare nel sottocute.

Oltre alla cute il forasacco può penetrare nei condotti auricolari, nelle cavità nasali, nel cavo orale, nelle congiuntive, negli spazi interdigitali, finanche nell’ apparato genitale.

La particolare disposizione delle appendici consente il movimento della spiga in una sola direzione, così essa può procedere, approfondendosi sempre più, fino a raggiungere le regioni del corpo più disparate, creando danni importanti, fino alla morte dell’animale se non estratta.

 

La sintomatologia dipende, ovviamente, dal sito di localizzazione:

Quando l’arista della graminacea penetra nel condotto auricolare, il sintomo immediato è un forte scuotimento della testa accompagnato, talvolta, da sfregamenti dell’orecchio interessato contro oggetti e/o a terra, oppure da tentativi di grattamento con gli arti; in una seconda fase l’animale tende a tenere il capo in posizione inclinata verso il lato dell’orecchio dolente.

Se il forasacco viene inalato, il sintomo principale è caratterizzato da starnuti persistenti ed intensi, ripetuti sfregamenti del muso e, frequentemente, perdita di sangue da una narice.

Purtroppo l’unico modo che il Medico Veterinario ha per escludere o confermare la presenza del corpo estraneo, e quindi rimuoverlo, è quello di eseguire un’ispezione delle narici in anestesia e con uno specifico strumento: il rinoscopio.

Non meno frequenti sono le penetrazioni nel sacco congiuntivale dell’occhio ( più frequenti nei gatti); a volte la spiga può infilarsi proprio nel bulbo dell’occhio, più spesso all’ interno della palpebra.

In questo caso ci sarà una lacrimazione anomala ed il cane avrà la tendenza a grattarsi con insistenza.
L’occhio sarà tenuto chiuso o semichiuso.

Spesso molti forasacchi si localizzano nel pelo a contatto con la cute, specialmente nello spazio interdigitale e in quest’ultimo caso potrebbe presentarsi una zoppia di vario grado o un leccamento ossessivo della parte.

Una menzione a parte merita la localizzazione bronchiale, forse la più temuta: i vegetali, in questo caso, vengono introdotti attraverso il cavo orale e, attraversata la trachea, si incastrano tra le pareti di un bronco. Qui creano una grave infezione delle vie respiratorie fino a causare degli ascessi.
Con il passare del tempo possono addirittura arrivare a bucare il tessuto polmonare e migrare in altri distretti, causando ulteriori infezioni e rendendo difficoltosa la sua rimozione.

Il sintomo classico è la tosse, intensa e persistente.

Durante i periodi a rischio il miglior metodo è quello di evitare che il proprio amico scorrazzi là dove sono presenti le spighe, ma spesso non è possibile, in quanto essendo un’erba infestante, la si trova praticamente ovunque.

Per prevenire danni da forasacchi è buona norma spazzolare immediatamente dopo la passeggiata il nostro animale, concentrandosi soprattutto nella parte inferiore.

E’ utilissimo controllare bene le zampe in mezzo alle dita, procedura che risulta più semplice se il pelo viene tenuto corto in questa parte. Non dimenticare però di ispezionare la regione ascellare, perioculare e genitale.

E’ bene controllare le orecchie, a maggior ragione nei cani con orecchie lunghe e pendule, è possibile acquistare degli specifici “paraorecchi” che limitano la possibilità di penetrazione delle spighe.

Passeggiare con i nostri amici pelosi è bellissimo, ma è importante anche in questi momenti di svago prestare molta attenzione ed una coccola in più al rientro in casa può salvare la vita!

Animali ed allergia

Animali ed allergia

La dermatite atopica è una malattia cutanea infiammatoria e pruriginosa in cui le caratteristiche cliniche sono comunemente associate alla presenza di IgE (un tipo di anticorpi) dirette contro gli allergeni ambientali.

Gli allergeni associati con maggiore frequenza a reazioni allergiche o di ipersensibilità sono pollini, acari ambientali, alimenti, farmaci e altri composti chimici che possono agire da allergeni.

Le vie attraverso le quali un animale entra in contatto con tali agenti sono quella transcutanea, digestiva e inalatoria.

Nel caso della dermatite atopica esiste una predisposizione genetica verso la malattia ed è necessario un contatto ripetuto con gli allergeni coinvolti.

Quali sono i sintomi più comuni?

Senza dubbio, il sintomo più caratteristico è il prurito intenso. In secondo luogo, l’animale presenta lesioni, infezioni secondarie o perdita di pelo.

Le lesioni possono comparire su viso, parte ventrale del collo, ascelle, inguine, addome e superfici dorsali e ventrali delle zampe. In molti casi, l’otite esterna può essere l’unico segno clinico evidente.

Quali sono le allergie più comuni note?

  • Dermatite allergica da pulci (DAP):
    è l’allergia più comune nei cani. Il problema può essere risolto solo mediante un controllo rigoroso delle pulci, sia sull’animale che nell’ambiente in cui vive.
  • Dermatite atopica:
    con questo nome si designa l’allergia causata da allergeni ambientali, come pollini o acari. La dermatite atopica del cane (DAC) è una sindrome complessa e multifattoriale, in cui la genetica dell’individuo e il suo rapporto con gli allergeni coinvolti rivestono un ruolo fondamentale.
    La sintomatologia compare generalmente tra i 6 mesi e i 3 anni di vita. Solitamente gli animali colpiti presentano prurito su viso, parte ventrale del collo, ascelle, inguine, addome e superficie dorsale e ventrale degli arti distali. In molti casi, l’otite esterna può esserne l’unico segno clinico.
  • Allergia alimentare (reazione avversa all’alimento):
    alcuni componenti della dieta alimentare possono essere la causa della condizione allergica del paziente, nel quale si possono osservare segni digestivi concomitanti. L’eliminazione dalla dieta dell’alimento o dell’ingrediente dannoso è l’unico modo per evitare i sintomi.

 

ALLERGIA AGLI ACARI

Gli acari sono piccoli artropodi della famiglia dalla zecca e del ragno di dimensioni inferiori a 0,3 mm. In particolare, gli acari responsabili del maggior numero di allergie sono quelli della polvere (Dermatophagus pteronyssinus e Dermatophagoides farinae) e quelli delle derrate alimentari (Tyrophagus putrescentiae, Lepidoglyphus destructor e Acarus siro).

Acari della polvere

Gli acari della polvere prendono il nome dalla loro fonte di cibo preferita: le squame cutanee (“dermato” = “pelle” e “phagos” = “mangiare”, da cui “mangiatori di pelle”). Le condizioni del loro habitat sono di solito temperatura pari a 20ºC e umidità relativa superiore al 70%. Si trovano in cuscini, materassi e tappeti domestici. La concentrazione nelle case di acari della polvere aumenta durante i periodi di cambio di stagione (primavera, autunno) caratterizzati da precipitazioni e temperature miti, e di solito diminuisce durante l’estate (clima secco e caldo) e l’inverno (clima freddo e secco). Gli allergeni degli acari più frequentemente responsabili di allergie si trovano sia nel loro corpo che nelle loro feci.

Acari delle derrate alimentari

Gli acari delle derrate alimentari si trovano molto comunemente negli alimenti secchi conservati (mangimi secchi, cereali, legumi, semi, frutta) e, soprattutto, negli alimenti ricchi di grassi e proteine. All’interno delle case è possibile trovarli soprattutto in cucina e in bagno, in quanto traggono beneficio dall’umidità.

Consigli per ridurre l’esposizione domestica agli acari

  • Eliminare dalla casa tappeti o moquette, soprattutto dalla cuccia dell’animale, o utilizzare tappeti lavabili di piccole dimensioni.
  • Sostituire con materiali sintetici il materiale della cuccia se contiene lana, cotone, crine o piume.
  • Lavare la biancheria della cuccia dell’animale con acqua calda (>60ºC) ogni 15 giorni.
  • Areare la casa ogni giorno e passare almeno una volta alla settimana l’aspirapolvere nella zona in cui dorme l’animale.
  • Nella routine di pulizia quotidiana della casa è possibile aggiungere un ectoparassiticida nel sacchetto dell’aspirapolvere. Utilizzare l’aspirapolvere quando l’animale non è presente.
  • Utilizzare prodotti acaricidi ogni 3 mesi nei luoghi della casa accessibili all’animale.
  • Tenere il cibo fresco e asciutto, lontano da zone umide, ed evitare l’ingresso di acqua nel piatto dell’animale.
  • Evitare la contaminazione del mangime secco con acari delle derrate alimentari sostituendo frequentemente i sacchi di mangime ed esponendoli il meno possibile ad umidità elevata.
  • Fare il bagno all’animale, in quanto ciò aiuta ad eliminare gli allergeni depositati sulla pelle.

È importante ricordare che queste misure possono contribuire a ridurre l’esposizione agli acari. Tuttavia, la loro completa eliminazione dall’ambiente è praticamente impossibile.

ALLERGIA AI POLLINI NEGLI ANIMALI

Polline delle graminacee

Le graminacee sono una famiglia molto numerosa di piante che crescono non solo su praterie e pascoli, ma anche in aree detritiche, su suoli coltivati o abbandonati o lungo il ciglio della strada; vale a dire, quasi ovunque, dal livello del mare alle zone montuose. Le graminacee si trovano generalmente in qualsiasi giardino e sono responsabili della maggior parte delle allergie polliniche.

Sebbene la massima impollinazione avvenga nei mesi di aprile, maggio e giugno, nel nostro paese è possibile rilevare i pollini delle graminacee 10 mesi all’anno. Esiste una notevole correlazione tra il clima e l’impollinazione delle graminacee. Infatti, se le piogge sono abbondanti, la concentrazione di polline in primavera è maggiore.

Polline delle erbe infestanti

Le erbe infestanti, o erbacce, sono un tipo di piante che crescono su banchi di sabbia, in pianura, lungo il ciglio della strada e sul bordo di campi coltivati. La massima impollinazione della maggior parte delle piante appartenenti a questo gruppo avviene in estate, benché ci siano eccezioni; la parietaria, ad esempio, oltre ad essere la specie responsabile della maggior parte delle allergie, ha un lungo periodo di impollinazione (da marzo a ottobre).

Polline degli alberi

Generalmente il periodo di impollinazione degli alberi è breve, pertanto i pazienti presentano di solito manifestazioni cliniche solo per brevi periodi di tempo.

L’impollinazione avviene prima, durante o subito dopo la comparsa delle foglie, per cui nei climi temperati l’impollinazione termina quasi alla fine della primavera, quando gli alberi sono pieni di foglie. Tra gli alberi con i pollini più allergenici spiccano l’olivo e il salice.

 

Raccomandazioni per ridurre l’esposizione ai pollini

  • Durante la stagione dell’impollinazione, evitare di portare l’animale domestico in aree con abbondante vegetazione, soprattutto nelle prime e ultime ore del giorno.
  • Areare la casa durante le ore centrali del giorno o di sera.
  • Evitare situazioni di elevata esposizione ai pollini, come falciare il prato in presenza dell’animale. Evitare di accedere a luoghi con sovraccarichi di polline, come i fienili.
  • Quando si viaggia in auto, tenere chiusi i finestrini.
  • Evitare di fare giri in campagna e attraversare parchi e aree verdi nei periodi di maggiore esposizione, soprattutto nelle giornate secche, calde e molto ventose.
  • Fare il bagno all’animale, in quanto ciò aiuta ad eliminare gli allergeni depositati sulla pelle.

REAZIONI AVVERSE AGLI ALIMENTI NEGLI ANIMALI

Le reazioni di intolleranza alimentare comprendono qualsiasi risposta anomala non immunologica a un alimento e includono tossicità, reazioni idiosincratiche, reazioni farmacologiche e reazioni metaboliche. La dermatite allergica indotta da alimenti (DAIA) è definita come una reazione immunitaria esagerata e anomala ad un alimento, indipendente dall’effetto fisiologico dei suoi componenti.

La difficoltà di differenziare le reazioni puramente allergiche dalle reazioni di intolleranza alimentare porta ad inglobare tutte queste reazioni sotto il nome comune di “reazioni avverse agli alimenti”. Le reazioni avverse agli alimenti sono di origine non immunologica. La maggior parte dei cani e gatti con DAIA presentano manifestazioni cutanee accompagnate o meno da segni digestivi, sebbene la via d’ingresso dell’allergene sia quella intestinale. Non è molto chiaro perché alcuni cani e gatti presentino segni cutanei, altri segni gastrointestinali e altri una combinazione di entrambi. Esistono diverse ipotesi al riguardo.

Segni clinici

La dermatite allergica indotta da alimenti (DAIA) è l’allergia con la manifestazione più precoce. Infatti, nel 48% degli animali i segni clinici insorgono prima dell’anno di età. I segni clinici della DAIA sono prurito non stagionale e lesioni associate alla gravità del prurito o allo sviluppo di frequenti infezioni secondarie. La presenza di prurito nelle orecchie e nell’area perianale è molto caratteristica della DAIA, e nei pastori tedeschi è stata osservata una correlazione significativa tra la DAIA e la presenza concomitante di otite e fistole perianali. La prevalenza dell’otite durante il decorso della DAIA è molto elevata, con comparsa in fino all’80% dei casi, nel 24% dei quali essa può essere l’unica manifestazione clinica. Il quadro clinico di un’allergia alimentare può essere molto simile a quello di una dermatite atopica, in quanto tale patologia presenta gli stessi segni clinici e interessa le stesse aree (viso, padiglioni auricolari, ascelle, area inguinale e addome), rendendo impossibile distinguere tra le due condizioni in base alla sintomatologia clinica dell’animale. D’altro canto, è stato dimostrato che esiste una correlazione significativa tra le due condizioni; infatti, secondo i diversi studi condotti, dal 3 al 30% degli animali soffre di entrambe le allergie.

Nel caso dei felini, la presentazione clinica può consistere in prurito non stagionale generalizzato, lesioni del complesso del granuloma eosinofilo, prurito alla testa e al collo, dermatite miliare, alopecia autoindotta, dermatite esfoliativa e, in alcuni casi, angioedema e orticaria.

Diagnosi

L’unico test efficace e valido per la diagnosi delle reazioni avverse agli alimenti è rappresentato da una dieta di eliminazione della durata di 8 settimane con controllo della scomparsa dei segni clinici in tale lasso di tempo. La diagnosi sarà eseguita a seguito della ricomparsa dei segni clinici dopo l’esposizione dell’animale agli alimenti che assumeva in precedenza e alla loro scomparsa a seguito del ritorno alla dieta ipoallergenica.

A livello di analisi di laboratorio, analizzando un campione di sangue è possibile stabilire se l’animale presenta anticorpi contro allergeni di origine animale o vegetale. Occorre però menzionare che l’interpretazione dei test ha un valore più che altro predittivo; i risultati negativi si aggirano intorno all’80%.

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Come viene diagnosticata l’allergia negli animali

La diagnosi della DAC si basa su un corretto protocollo diagnostico nell’ambito del quale devono sempre essere escluse le cause più comuni di prurito nei cani, come l’ectoparassitosi o le infezioni batteriche o fungine.

Purtroppo non è sempre possibile dimostrare la presenza di IgE mirate agli allergeni ambientali.

Analizzando un campione di sangue è possibile stabilire se l’animale presenta anticorpi contro la saliva delle pulci, contro agenti patogeni microscopici come Malassezia o contro allergeni ambientali.

Nel caso dell’allergia alimentare, il modo migliore per escluderla/diagnosticarla è mediante una dieta di esclusione o eliminazione della durata di almeno 8 settimane. Tale dieta dovrebbe basarsi su proteine nuove per l’animale o su alimenti commerciali altamente idrolizzati. I test di allergia alimentare sono utilizzati per stabilire quali alimenti occorre evitare di includere nella dieta di eliminazione.

Da tempo sono disponibili alcuni criteri diagnostici che i medici possono utilizzare per identificare i casi dermatologici suscettibili di essere una DAC. Uno studio di Favrot et al. ha dimostrato che, se vengono applicati 5 degli 8 criteri clinici riportati di seguito, è possibile diagnosticare la DAC con una sensibilità dell’85% e una specificità del 79% e differenziarla da altre malattie associate a prurito ricorrente o cronico.

Criteri di Favrot

Criteri diagnostici per la dermatite atopica del cane (almeno 5 confermati)

  1. Comparsa dei segni prima dei 3 anni di vita
  2. Cane che vive principalmente in ambienti interni
  3. Prurito che risponde ai glucocorticoidi
  4. Prurito sine materia nella fase iniziale (es. prurito primario/senza lesioni)
  5. Interessamento delle zampe anteriori
  6. Interessamento dei padiglioni auricolari
  7. Margini auricolari non interessati
  8. Area dorso-lombare non interessata

È disponibile un trattamento per il controllo dell’allergia?

L’allergia può essere controllata fino a far sì che l’animale non sia sintomatico, vale a dire, che non si gratti. Nel caso delle reazioni avverse a un alimento e dell’allergia al morso di pulce, il trattamento consiste nell’evitare gli allergeni (gli ingredienti coinvolti nel quadro clinico e la presenza di pulci, sia sull’animale che nell’ambiente in cui vive).

Nel caso della dermatite atopica del cane (DAC) è impossibile mantenere uno stretto controllo della presenza degli allergeni ambientali coinvolti, pertanto occorre ricorrere a terapie farmacologiche o all’uso dell’immunoterapia. L’immunoterapia dovrà essere considerata il trattamento di scelta per il controllo della DAC.

Grazie a Letiph.

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