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L’ alimentazione del coniglio da compagnia

L’ alimentazione del coniglio da compagnia

Negli ultimi anni si è assistito a un notevole aumento del numero di conigli da compagnia nelle nostre case, i quali grazie al loro carattere dolce e affabile si prestano bene alla vita in famiglia.

Attenzione però, si tratta di un animale che necessita di una gestione molto impegnativa ed è quindi importante informarsi prima dei suoi numerosi bisogni.

Il coniglio appartiene all’ ordine dei lagomorfi (non è quindi un roditore!), esistono più di sessanta razze, che differiscono tra di loro per forma, dimensione e colore. Sono state selezionate sia razze nane che razze giganti, le più piccole possono pesare da adulte meno di 1 kg, le più grandi possono arrivare a circa 10 kg.

Quando si parla di animali non convenzionali l’obiettivo da raggiungere, per migliorarne la qualità della vita, è quello di ricreare in casa condizioni il più possibile simili a quelle che la specie avrebbe in natura.

A tal fine, una corretta gestione della dieta è fondamentale per ridurre il rischio di insorgenza di malattie e consentire al coniglio di vivere meglio e più a lungo.

Poiché i conigli sono erbivori, la dieta deve essere ricca di piante e di erba di campo. Il coniglio selvatico, infatti, si alimenta di graminacee (Festuca, Brachypodium e Digitaria), di leguminose (erba medica, fieno greco, trifoglio) e di composite (tarassaco, lattuga, radicchio, arnica e camomilla). Durante l’inverno, quando alcuni alimenti non sono disponibili, si alimenta anche di foglie e di cortecce degli alberi.

Questo tipo di alimentazione consente al coniglio di consumare i denti, che sono a crescita continua, prevenendo così problemi di masticazione e di malocclusione dentale.

L’erba, infatti, contiene particelle di minerali di silicio che facilitano il consumo delle superfici dentali. Se vengono somministrati alimenti inadeguati, il consumo dentale non riesce a compensarne la crescita causando alterazioni patologiche della dentatura.

IL FIENO

La dieta del coniglio da compagnia deve essere costituita principalmente da fieno, il quale deve essere fresco e pulito e sempre a disposizione dell’animale.

Il fieno è un alimento indispensabile, che deve essere consumato in quantità illimitata tutti i giorni.
Fieni polverosi devono essere evitati perché possono causare riniti allergiche.
Nel primo anno di vita è consigliato l’utilizzo di fieno di erba medica perché, essendo ricco di calcio, migliora la struttura ossea riducendo il rischio di patologie metaboliche; va dato, invece, con molta moderazione nei conigli adulti e con problemi di calcoli o sabbia vescicale.

Dopo il primo anno è maggiormente indicato fieno “misto”.

Un coniglietto che mangia tanto fieno si tiene “impegnato” perché il fieno richiede molto tempo per essere masticato. Se invece il coniglio trova sempre cibo “morbido” ( es. insalatine, foglioline) lo consumerà velocemente tendendo cosi ad ingrassare ed “annoiarsi”.
Se il coniglio non mangia fieno potrebbe essere dovuto ad un problema di denti o ad una dieta troppo ricca, meglio quindi ridurre gli altri alimenti e provare a cambiare vari tipi di fieno.
Non sostituite il fieno aumentando la verdura, piuttosto (se proprio non mangia il fieno) provate a somministrare (in alternativa al fieno) erba mista di campo.

Il fieno migliore è quello di prato polifita e per cavalli, in quanto è ricco di erbe miste, deve essere verde e profumato, senza muffe o pesticidi.

In commercio troviamo quelli confezionati, ci sono di varie qualità, alcuni arricchiti con erbe e fiori; è bene controllare che non abbiano muffe, saggiare quindi sempre aspetto e odore.

E’ molto conveniente prendere il fieno da un contadino (che non usi prodotti chimici), costa meno ed è più buono e ricco di erbe, l’ideale è il fieno misto per cavalli.

Il fieno va conservato in un ambiente asciutto e non umido, non va mai sigillato in sacchi di plastica, il fieno deve essere contenuto in materiale che permetta una buona “areazione”, vanno benissimo scatoloni di cartone, sacchi in juta e comodissime sono anche le cassapanche in legno.

L’ideale è adagiare il fieno nella lettiera così verrà usato sia come fondo ma sopratutto come cibo..

Ogni giorno il fieno vecchio và eliminato, ed aggiunto quello nuovo perchè il coniglio dopo averlo calpestato non lo mangerà più.

La dieta deve essere completata con alimenti che, per la loro composizione, permettano una masticazione regolare quali erba di campo e verdure crude, principalmente insalate.

L’ERBA

Le erbe miste di campo sono il cibo ottimale e quello che troverebbero in natura; contengono preziosi sali minerali che tengono limati i denti, contengono calcio, vitamine e la fibra per la giusta motilità intestinale.

Un coniglio che si nutre di erbe miste e fieno non avrà problemi di obesità.

Chi ha la possibilità può far brucare il coniglietto in giardino, oppure si può raccogliere l’erba  ed offrirla tutti i giorni al coniglio, l’importante è raccoglierla dove siamo sicuri che non sia stata trattata con antiparassitari, pesticidi, fertilizzanti o altre sostanze chimiche o inquinanti.

Si possono offrire varie tipi di erbe selvatiche, fiori, foglie, rami e germogli.

Le erbe si possono dare appena raccolte o dopo averle fatte seccare, l’importante che non siano in fermentazione perché possono essere molto dannose causando disturbi a stomaco e intestino.
Se il coniglio mangia abbondante erba è indicato diminuire la verdura.

L’erba recisa che avanza dopo poco non è più fresca e quindi bisogna conservarla in un posto arieggiato per evitare che fermenti o che produca muffe e batteri pericolosi.

Esempi di erbe spontanee commestibili: achillea, betulla, camomilla, cicoria, malva, ortica, soncino, tarassaco (fiori e foglie), trifoglio.

Esempi di arbusti commestibili: acacia, acero, carpino, corbezzolo, faggio, frassino, gelso, lillà, melo (far seccare i rami), melograno, nocciolo, olivo, olmo, ontano, pero, salice, sorbo, tiglio.

Piante tossiche da evitare:

Selvatiche: Anemone, Belladonna, Calla, Cicuta, Convolvolo, Croco, Digitale, Linaria, Quercia, Tasso, Ligustro, Tremolo, Morella, Mughetto, Papavero, Patata, Ranuncolo, Sambuco, Veronica, Vitalba.

Da appartamento: Dieffenbachia, Felci, Oleandro (altamente tossico!), Rododendro, Stella di natale.

Legno di conifere: pino, ginepro, abete ecc..

Legno degli agrumi: limone, cedro, arancio, mandarino.

Legno di drupacee: pesco, albicocco, susino, ciliegio.

LA VERDURA

I vegetali sono importantissimi per la buona salute del coniglio perchè ricchi di acqua, fibre, vitamine, calcio e sali minerali.

E’ la giusta alternativa all’erba, per i conigli che vivono in casa e non possono brucare l’erba fresca di campo.
L’insalata deve essere lavata e asciugata con un panno, le parti ammuffite vanno eliminate e deve essere consumata a temperatura ambiente, mai cotta. In assenza di erba fresca di prato, la quantità di insalata da somministrare ogni giorno deve essere circa il 20% del peso del coniglio (Circa 150 gr per kg di peso).

E’ bene però non eccedere con le dosi, perchè non hanno le stesse funzioni dell’erba, le verdure sono molto più ricche di acqua, portano un maggiore riempimento gastrico e saziano il coniglio più velocemente.

E’ importante che la dieta del coniglio sia varia e più naturale possibile. Un pasto, se si vuole, si può dividere in due volte al giorno (mattina e sera) di almeno 3-4 tipi diversi di verdura.

Verdure che si possono somministrare tutti i giorni: Catalogna, indivia belga, finocchio, radicchio, sedano.

Verdure da somministrare con moderazione: alfalfa (erba medica), basilico, bietola erbetta (coste), brassicacee (es. broccoli, cavolfiori, cavoli), cicorie, cime di carota, prezzemolo (attenzione in grandi quantità è tossico), rape, ravanelli, rucola, spinaci, tarassaco, trifoglio, verze. Sono verdure ricche di ossalati di calcio, da evitare se il coniglio ha problemi di calcoli o sabbia vescicale.

Verdure da somministrare in quantità limitata: broccoli, cavoli, cavolfiori, cetrioli, fagiolini verdi o cornetti, lattughe (attenzione in particolare all’iceberg), peperoni (togliere le parti verdi e semini), pomodori (togliere le foglie, piccioli e i fusti sono tossici), verze, zucchine (di solito sono poco apprezzate). Sono verdure che possono causare feci molli, diarrea fermentazione e problemi intestinali.

Verdure da somministrare in quantità molto limitata: asparagi, carciofi (senza spine), cavoletti di Bruxelles, cavolo nero, cavolo rapa, rape, sedano rapa, topinambur.

Erbe aromatiche commestibili (da somministrare in piccole quantità): aneto, anice – Pimpinella anisum, basilico, cerfoglio, coriandolo, dragoncello, erba cipollina, finocchietto, maggiorana, melissa, menta, mirto, origano, rosmarino, salvia, santoreggia, timo.

LA FRUTTA
Frutta e carote dovrebbero essere consumate con moderazione perché, essendo ricche di zucchero, favoriscono obesità e fermentazioni intestinali indesiderate. Possono essere somministrati come premio, in piccole quantità e non più di 1 volta a settimana; attenzione ai semi che sono tossici.

Frutta che può essere somministrata in quantità limitata e con moderazione (una volta alla settimana): ananas, albicocca, arancia, anguria, banana, ciliegie (senza nocciolo), fragole, mandarino, mela (senza semi), melone, mirtilli, pera, pesca, kiwi, uva (senza semi).

La frutta secca (mandorle, noci, pinoli ecc) è un alimento (anche se per il coniglio commestibile) da evitare perchè molto ricco di grassi.

IL PELLET
Si può somministrare del pellet prodotto da aziende specializzate ma sempre con moderazione, perché questo alimento non consente il corretto svolgimento della masticazione ed un uso eccessivo può favorire problematiche dentali.

Non è un alimento completo nè la base dell’alimentazione di un coniglio. Non è indispensabile.

Se un coniglio si nutre di erba, fieno e  verdura non ha necessità di mangiare i mangimi in commercio.

Il pellet solitamente va dato come integrazione a cuccioli in crescita, conigli che per problemi di denti non riescono a mangiare correttamente il fieno e le verdure, conigli sottopeso.

Le dosi per un coniglio sano sono 1 o 2 cucchiai al giorno, non di più perché non è fondamentale nella sua dieta, anche se il coniglio ne è molto goloso, potrebbe portare all’obesità e ad altre patologie, ricordiamoci che in natura il coniglio non mangia il pellet.

I pellet si trovano in vari formati per conigli giovani o adulti o con poco calcio per i conigli con problemi, si trovano anche i pellet per coniglietti con gravi problemi di denti.

Controlliamo che non siano scaduti, evitando come la peste quelli con i semi di girasole, cereali o parti colorate, assicuriamoci che sia composto solo da vegetali, e da almeno il 18% di fibra.

Evitate assolutamente i mangimi con coccidiostatico.

 

 

 

 

 

 

 

ALIMENTI PERICOLOSI

I classici mangimi composti da semi di girasole, legumi, frutta disidrata e fioccati devono essere eliminati dall’ alimentazione del nostro coniglio perché assolutamente dannosi per la sua salute.

L’acqua và lasciata sempre a disposizione, pulita ed a temperatura ambiente. Si può utilizzare una ciotola di ceramica pesante per evitare che il coniglio la rovesci; se si usa l’abbeveratoio a goccia controllare che funzioni bene e che il coniglio riesca a bere.

Cibi pericolosi, da non dare mai: aglio e cipolla, avocado, carne, cioccolato, funghi, legumi (ceci, fagioli, piselli, lenticchie), mais, melanzane, patate (nemmeno la pianta e foglie), peperoncino, pesce, porro, prodotti di origine animale (formaggi), verdure cotte o surgelate, yogurt.

Non dare mai per nessun motivo mangimi con semi, granaglie, cereali e fioccati, mai, carrube o contenenti farmaci (coccidiostatico).
Il mangime di semi e fioccati è da evitare perché danneggia la salute del coniglio (denti, fegato, apparato digestivo).
Queste miscele vendute come mangime, sono alimenti grassi e poveri di calcio che negli anni causano gravi problemi al coniglio sia ai denti che all’intestino (sviluppano batteri pericolosi).

Snack in vendita per conigli, sono pieni di zuccheri e grassi.

Altri cibi da evitare:
cioccolato (tossico), legumi (fagioli, piselli ecc.), patate, aglio, cipolla, pasta, pane, merendine e dolciumi, yogurt e prodotti in generale di origine animale (carne, insaccati, pesce formaggi).

PREMIETTI

Per premiare il nostro coniglio si possono somministrare max 3 uvette (uva passa) al giorno.

cuantos gramos de pasas de uva hay que comer por dia

CIECOTROFI

Il coniglio ingerisce alcune delle feci che produce direttamente dall’ano, è la doppia digestione in cui il coniglio assimila enzimi e nutrienti necessari per il suo benessere.
Questo tipo particolare di feci si chiamano ciecotrofi.

Fisiologia del coniglio | Il Coniglio Di Jerry | NAPOLI

ALIMENTAZIONE FORZATA

Uno dei più grandi pericoli per il nostro coniglio è il blocco intestinale.

E’ fondamentale evitare che il coniglio non si alimenti, per questo quando il coniglio smette di mangiare da solo dobbiamo provvedere noi alimentandolo “forzatamente” con un alimento nutriente, esistono in commercio prodotti specifici come il Critical care (Oxbow) (o analoghi). Il consiglio è quello di averne sempre un po’ in casa.

Per prepararlo si deve sciogliere il prodotto in una ciotolina con acqua a temperatura ambiente fino ad ottenere un composto morbido che non sia troppo liquido o troppo denso. Sistemate su un tavolo un asciugamano e piano piano fate mangiare il coniglio, entrando con il beccuccio al lato della bocca e premendo poche quantità di composto dando il tempo al coniglio di deglutire.

LA DIETA

Se il vostro coniglio è in sovrappeso (consultate un veterinario esperto per esserne sicuri) potrebbe incorrere in patologie gravi come la pododermatite, problemi cardiocircolatori e respiratori.

Prima di tutto va rivista la dieta, quindi eliminare pellet, premi e frutta e dare solo verdure e fieno.

E’ molto utile favorire il movimento, quindi non tenerlo mai in gabbia e stimolarlo con giochini (Es. scatole di cartone).

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La corretta alimentazione del coniglio è quindi fondamentale per assicurargli longevità e salute e prendersi cura di loro è il miglior modo per garantirsi tutto il loro amore.

Che cos’è la dieta BARF?

Che cos’è la dieta BARF?

Sempre più spesso sentiamo parlare di dieta “BARF”, ma cosa significa?

Il termine BARF deriva dall’inglese “Bones and raw food” ovvero ossa e alimenti crudi, proprio perché questa dieta è composta di alimenti non cotti di origine animale, incluse ossa e frattaglie.

La dieta BARF si compone di ossa polpose (ovvero ossa ricoperte di carne, sono sconsigliate invece le ossa “nude” -i classici avanzi- che possono essere decisamente dannose per l’intestino), polpa di carne (intera o macinata), organi (fegato, cuore, polmoni e milza), trippa verde (importante per il mantenimento della flora batterica, da richiedere direttamente al macellaio, specificando di non “sbiancarla”, ossia di non pulirla) e verdure.

Viene integrata poi con uova, pesce e acidi grassi OMEGA-3 e variegata in base alla specie, alla taglia, alla capacità masticatoria, allo stile di vita ed ai gusti del cane o del gatto a cui è dedicata.

Nonostante sia sempre più in uso come alimento per i nostri animali, bisogna conoscere anche le insidie che una dieta cruda nasconde.

E’ necessario che chi sceglie una dieta a crudo, lo faccia con coscienza di quali sono i possibili rischi, sia per l’essere umano, che per il nostro animale.

Il maggiore rischio che una famiglia corre nel dare da mangiare cibo crudo al proprio animale è un rischio microbiologico.

I due principali batteri coinvolti in questo caso sono diversi ceppi di Listeria monocytogenes  e diversi ceppi di Salmonella.

Anche altri ceppi di batteri possono dare problemi, anche gravi, ma in genere non sono strettamente associati con l’alimentazione a crudo, quanto più con una scorretta conservazione degli alimenti e con la scelta delle materie prime.

Per Salmonella e Listeria è necessario essere ben informati prima di iniziare una dieta a crudo.

Listeria monocytogenes è un batterio particolarmente insidioso che può essere presente in diversi prodotti di origine animale, in particolare sulle superfici di carni fresche (in particolare pollo e tacchino), in salumi e prodotti carnei conservati poco stagionati, latte crudo (cioè non pastorizzato) e suoi prodotti derivati (ad esempio formaggi di latte crudo), vari prodotti della pesca (specialmente marinati e sotto sale, ma può trovarsi anche in prodotti freschi), nonché su diverse verdure e vegetali crudi (eccetto le carote, mele e pomodori che un polipeptide presente frena la crescita superficiale delle listerie).

Essendo un batterio particolarmente resistente alle normali forme di pulizia, praticamente si può trovare su tutte le superfici dei prodotti lavorati e in effetti ha una diffusione particolarmente ampia.

Listeria può causare patologia anche molto grave in soggetti immunocompromessi, dove può avere effetti anche letali. Inoltre Listeria può essere pericolosa per le donne in stato di gravidanza, dove può causare aborto.

Listeria non viene uccisa dalle temperature di refrigerazione, ma anzi, può moltiplicarsi anche sotto i 4 gradi. La temperatura dei nostri frigoriferi non è quindi in grado di fermarla. Listeria può inoltre sopravvivere alle temperature di congelamento, a seconda dei diversi tipi di alimenti che ha intorno, in particolare sopravvive più facilmente se circondata da materiale alimentare, come nel caso dei macinati. Listeria inoltre è anche abbastanza tollerante rispetto a variazioni di pH e di sale, che possono però rallentare la sua crescita.

Per prevenire la listeriosi nell’uomo è importante manipolare con accortezza le carni crude e gli altri alimenti che diamo ai nostri Amici, lavandoci le mani oppure usando dei guanti.

Oltre le generali regole di igiene, è bene ricordarci che Listeria sopravvive e si moltiplica nel nostro frigorifero e che è particolarmente resistente anche alla pulizia degli utensili. L’ideale è quindi avere degli strumenti dedicati ai vostri animali (coltello, mannaia, tagliere meglio di plastica, ma anche canovacci con cui asciugarsi le mani una volta lavate).

I sintomi principali della listeriosi negli animali sono alcuni sintomi aspecifici come nausea, vomito, diarrea e febbre. Raramente possono dimostrare sintomi neurologici. Nel caso di cagne gravide, è molto importante manipolare con cura cuccioli nati morti perché listeria può causare aborto. L’uomo contrae la listeriosi tramite ingestione quindi o tramite cibo contaminato oppure portano mani o superfici contaminate alla bocca. Buona regola è evitare il contatto di mani e utensili non disinfettati anche con gli occhi o altre mucose.

 

Salmonella spp. è una classe di batteri, composta da diverse “varianti” dette sierotipi, tutti primariamente parassiti intestinali dell’uomo e di altri vertebrati, anche se a volte possono essere trovarsi in altri tessuti (sangue, organi interni).  I principali alimenti responsabili di salmonellosi nell’uomo e negli animali sono uova crude o poco cotte, latte crudo e prodotti derivati, carne e derivati, frutta e verdura contaminate. Alcuni alimenti possono essere particolarmente pericolosi, come ad esempio la maionese.

Le salmonelle sono facilmente eliminabili tramite la cottura, dato che vengono uccise da temperature superiori a 48°. Salmonella sopravvive bene a temperature di refrigerazione (anche giorni o settimane), mentre viene uccisa da pH acidi (sotto 4). Le salmonelle raramente si trovano all’interno di un prodotto fresco non precedentemente manipolato dall’uomo, ma sono soprattutto presenti sulle superfici, dove arrivano per contaminazione fecale. Questo vuol dire che per tagli di carne interi (quindi NON macinato) e uova crude, una semplice “scottata” superficiale può ridurre il rischio salmonellosi.

Salmonella spp. si trova comunemente nel tratto digestivo di molti animali, in particolare in polli e galline. Anche se nelle Raw Diet non è comune dare interiora di pollo, dobbiamo ricordarlo quando diamo uova al nostro Amico. Anche i macinati che compriamo online possono essere contaminati, in quanto le superfici esterne tramite il processo di macinatura vengono portate all’intero, dove il batterio è protetto da grassi e proteine. I nostri Amici saranno a rischio soprattutto se i prodotti sono molto contaminati (e salmonella non dà alterazioni del colore e del gusto, per cui è difficile valutarlo) oppure se sono ad esempio in terapia con antiacidi, oppure ancora se mescoliamo carne o uova crude con degli amidi, che non permetteranno al pH dello stomaco di scendere a dovere ed uccidere le eventuali salmonelle presenti.

Oltre alle buone norme di igiene, come lavarci accuratamente le mani dopo aver manipolato carne e uova, lavare bene frutta e verdura ecc, dobbiamo tener presente che se vogliamo per qualche motivo (ad esempio presenza di bambini piccoli in famiglia, o di anziani ecc.) abbassare molto il rischio salmonella, la miglior regola da seguire ANCHE in una dieta cruda per i nostri Amici è quella di scottare la superficie della carne e di immergere le uova per un minuto e mezzo in acqua bollente.

Una dieta fatta di alimenti cucinati a tutto spessore ovviamente elimina del tutto, a meno di contaminazione successive alla cottura, le salmonelle.

La salmonella raramente riesce a superare il pH acido dello stomaco dei nostri Amici, ma nel caso passino questa barriera possono dare vomito, diarrea (anche emorragica), febbre, perdita di appetito e diminuzione dell’attività. Dobbiamo ricordare che la contaminazione è oro-fecale, quindi, oltre a maneggiare con cura gli ingredienti della dieta del nostro Amico, dobbiamo mantenere delle regole di buona igiene quando ne raccogliamo i bisogni oppure li accarezziamo.

 

Per queste ragioni una dieta cruda comunque NON è consigliabile in tutti quei casi in cui una persona appartenente al nucleo familiare abbia un sistema immunitario non ottimale (bambini, anziani, pazienti oncologici o sotto terapie immunosoppressive, donne in gravidanza… ).

Consapevolezza e conoscenza dei possibili rischi ci possono aiutare a gestire al meglio i pericoli derivanti da una dieta a crudo. Una scelta consapevole è la base necessaria su cui costruire una prevenzione ad hoc e soprattutto, per evitare danni gravi ed irreversibili, è fondamentale evitare il “fai da te” ed affidarsi ad un bravo nutrizionista Veterinario esperto in dieta a base di cibo crudo.

 

 

Per info: https://www.mariamayer.it/

Animali ed allergia

Animali ed allergia

La dermatite atopica è una malattia cutanea infiammatoria e pruriginosa in cui le caratteristiche cliniche sono comunemente associate alla presenza di IgE (un tipo di anticorpi) dirette contro gli allergeni ambientali.

Gli allergeni associati con maggiore frequenza a reazioni allergiche o di ipersensibilità sono pollini, acari ambientali, alimenti, farmaci e altri composti chimici che possono agire da allergeni.

Le vie attraverso le quali un animale entra in contatto con tali agenti sono quella transcutanea, digestiva e inalatoria.

Nel caso della dermatite atopica esiste una predisposizione genetica verso la malattia ed è necessario un contatto ripetuto con gli allergeni coinvolti.

Quali sono i sintomi più comuni?

Senza dubbio, il sintomo più caratteristico è il prurito intenso. In secondo luogo, l’animale presenta lesioni, infezioni secondarie o perdita di pelo.

Le lesioni possono comparire su viso, parte ventrale del collo, ascelle, inguine, addome e superfici dorsali e ventrali delle zampe. In molti casi, l’otite esterna può essere l’unico segno clinico evidente.

Quali sono le allergie più comuni note?

  • Dermatite allergica da pulci (DAP):
    è l’allergia più comune nei cani. Il problema può essere risolto solo mediante un controllo rigoroso delle pulci, sia sull’animale che nell’ambiente in cui vive.
  • Dermatite atopica:
    con questo nome si designa l’allergia causata da allergeni ambientali, come pollini o acari. La dermatite atopica del cane (DAC) è una sindrome complessa e multifattoriale, in cui la genetica dell’individuo e il suo rapporto con gli allergeni coinvolti rivestono un ruolo fondamentale.
    La sintomatologia compare generalmente tra i 6 mesi e i 3 anni di vita. Solitamente gli animali colpiti presentano prurito su viso, parte ventrale del collo, ascelle, inguine, addome e superficie dorsale e ventrale degli arti distali. In molti casi, l’otite esterna può esserne l’unico segno clinico.
  • Allergia alimentare (reazione avversa all’alimento):
    alcuni componenti della dieta alimentare possono essere la causa della condizione allergica del paziente, nel quale si possono osservare segni digestivi concomitanti. L’eliminazione dalla dieta dell’alimento o dell’ingrediente dannoso è l’unico modo per evitare i sintomi.

 

ALLERGIA AGLI ACARI

Gli acari sono piccoli artropodi della famiglia dalla zecca e del ragno di dimensioni inferiori a 0,3 mm. In particolare, gli acari responsabili del maggior numero di allergie sono quelli della polvere (Dermatophagus pteronyssinus e Dermatophagoides farinae) e quelli delle derrate alimentari (Tyrophagus putrescentiae, Lepidoglyphus destructor e Acarus siro).

Acari della polvere

Gli acari della polvere prendono il nome dalla loro fonte di cibo preferita: le squame cutanee (“dermato” = “pelle” e “phagos” = “mangiare”, da cui “mangiatori di pelle”). Le condizioni del loro habitat sono di solito temperatura pari a 20ºC e umidità relativa superiore al 70%. Si trovano in cuscini, materassi e tappeti domestici. La concentrazione nelle case di acari della polvere aumenta durante i periodi di cambio di stagione (primavera, autunno) caratterizzati da precipitazioni e temperature miti, e di solito diminuisce durante l’estate (clima secco e caldo) e l’inverno (clima freddo e secco). Gli allergeni degli acari più frequentemente responsabili di allergie si trovano sia nel loro corpo che nelle loro feci.

Acari delle derrate alimentari

Gli acari delle derrate alimentari si trovano molto comunemente negli alimenti secchi conservati (mangimi secchi, cereali, legumi, semi, frutta) e, soprattutto, negli alimenti ricchi di grassi e proteine. All’interno delle case è possibile trovarli soprattutto in cucina e in bagno, in quanto traggono beneficio dall’umidità.

Consigli per ridurre l’esposizione domestica agli acari

  • Eliminare dalla casa tappeti o moquette, soprattutto dalla cuccia dell’animale, o utilizzare tappeti lavabili di piccole dimensioni.
  • Sostituire con materiali sintetici il materiale della cuccia se contiene lana, cotone, crine o piume.
  • Lavare la biancheria della cuccia dell’animale con acqua calda (>60ºC) ogni 15 giorni.
  • Areare la casa ogni giorno e passare almeno una volta alla settimana l’aspirapolvere nella zona in cui dorme l’animale.
  • Nella routine di pulizia quotidiana della casa è possibile aggiungere un ectoparassiticida nel sacchetto dell’aspirapolvere. Utilizzare l’aspirapolvere quando l’animale non è presente.
  • Utilizzare prodotti acaricidi ogni 3 mesi nei luoghi della casa accessibili all’animale.
  • Tenere il cibo fresco e asciutto, lontano da zone umide, ed evitare l’ingresso di acqua nel piatto dell’animale.
  • Evitare la contaminazione del mangime secco con acari delle derrate alimentari sostituendo frequentemente i sacchi di mangime ed esponendoli il meno possibile ad umidità elevata.
  • Fare il bagno all’animale, in quanto ciò aiuta ad eliminare gli allergeni depositati sulla pelle.

È importante ricordare che queste misure possono contribuire a ridurre l’esposizione agli acari. Tuttavia, la loro completa eliminazione dall’ambiente è praticamente impossibile.

ALLERGIA AI POLLINI NEGLI ANIMALI

Polline delle graminacee

Le graminacee sono una famiglia molto numerosa di piante che crescono non solo su praterie e pascoli, ma anche in aree detritiche, su suoli coltivati o abbandonati o lungo il ciglio della strada; vale a dire, quasi ovunque, dal livello del mare alle zone montuose. Le graminacee si trovano generalmente in qualsiasi giardino e sono responsabili della maggior parte delle allergie polliniche.

Sebbene la massima impollinazione avvenga nei mesi di aprile, maggio e giugno, nel nostro paese è possibile rilevare i pollini delle graminacee 10 mesi all’anno. Esiste una notevole correlazione tra il clima e l’impollinazione delle graminacee. Infatti, se le piogge sono abbondanti, la concentrazione di polline in primavera è maggiore.

Polline delle erbe infestanti

Le erbe infestanti, o erbacce, sono un tipo di piante che crescono su banchi di sabbia, in pianura, lungo il ciglio della strada e sul bordo di campi coltivati. La massima impollinazione della maggior parte delle piante appartenenti a questo gruppo avviene in estate, benché ci siano eccezioni; la parietaria, ad esempio, oltre ad essere la specie responsabile della maggior parte delle allergie, ha un lungo periodo di impollinazione (da marzo a ottobre).

Polline degli alberi

Generalmente il periodo di impollinazione degli alberi è breve, pertanto i pazienti presentano di solito manifestazioni cliniche solo per brevi periodi di tempo.

L’impollinazione avviene prima, durante o subito dopo la comparsa delle foglie, per cui nei climi temperati l’impollinazione termina quasi alla fine della primavera, quando gli alberi sono pieni di foglie. Tra gli alberi con i pollini più allergenici spiccano l’olivo e il salice.

 

Raccomandazioni per ridurre l’esposizione ai pollini

  • Durante la stagione dell’impollinazione, evitare di portare l’animale domestico in aree con abbondante vegetazione, soprattutto nelle prime e ultime ore del giorno.
  • Areare la casa durante le ore centrali del giorno o di sera.
  • Evitare situazioni di elevata esposizione ai pollini, come falciare il prato in presenza dell’animale. Evitare di accedere a luoghi con sovraccarichi di polline, come i fienili.
  • Quando si viaggia in auto, tenere chiusi i finestrini.
  • Evitare di fare giri in campagna e attraversare parchi e aree verdi nei periodi di maggiore esposizione, soprattutto nelle giornate secche, calde e molto ventose.
  • Fare il bagno all’animale, in quanto ciò aiuta ad eliminare gli allergeni depositati sulla pelle.

REAZIONI AVVERSE AGLI ALIMENTI NEGLI ANIMALI

Le reazioni di intolleranza alimentare comprendono qualsiasi risposta anomala non immunologica a un alimento e includono tossicità, reazioni idiosincratiche, reazioni farmacologiche e reazioni metaboliche. La dermatite allergica indotta da alimenti (DAIA) è definita come una reazione immunitaria esagerata e anomala ad un alimento, indipendente dall’effetto fisiologico dei suoi componenti.

La difficoltà di differenziare le reazioni puramente allergiche dalle reazioni di intolleranza alimentare porta ad inglobare tutte queste reazioni sotto il nome comune di “reazioni avverse agli alimenti”. Le reazioni avverse agli alimenti sono di origine non immunologica. La maggior parte dei cani e gatti con DAIA presentano manifestazioni cutanee accompagnate o meno da segni digestivi, sebbene la via d’ingresso dell’allergene sia quella intestinale. Non è molto chiaro perché alcuni cani e gatti presentino segni cutanei, altri segni gastrointestinali e altri una combinazione di entrambi. Esistono diverse ipotesi al riguardo.

Segni clinici

La dermatite allergica indotta da alimenti (DAIA) è l’allergia con la manifestazione più precoce. Infatti, nel 48% degli animali i segni clinici insorgono prima dell’anno di età. I segni clinici della DAIA sono prurito non stagionale e lesioni associate alla gravità del prurito o allo sviluppo di frequenti infezioni secondarie. La presenza di prurito nelle orecchie e nell’area perianale è molto caratteristica della DAIA, e nei pastori tedeschi è stata osservata una correlazione significativa tra la DAIA e la presenza concomitante di otite e fistole perianali. La prevalenza dell’otite durante il decorso della DAIA è molto elevata, con comparsa in fino all’80% dei casi, nel 24% dei quali essa può essere l’unica manifestazione clinica. Il quadro clinico di un’allergia alimentare può essere molto simile a quello di una dermatite atopica, in quanto tale patologia presenta gli stessi segni clinici e interessa le stesse aree (viso, padiglioni auricolari, ascelle, area inguinale e addome), rendendo impossibile distinguere tra le due condizioni in base alla sintomatologia clinica dell’animale. D’altro canto, è stato dimostrato che esiste una correlazione significativa tra le due condizioni; infatti, secondo i diversi studi condotti, dal 3 al 30% degli animali soffre di entrambe le allergie.

Nel caso dei felini, la presentazione clinica può consistere in prurito non stagionale generalizzato, lesioni del complesso del granuloma eosinofilo, prurito alla testa e al collo, dermatite miliare, alopecia autoindotta, dermatite esfoliativa e, in alcuni casi, angioedema e orticaria.

Diagnosi

L’unico test efficace e valido per la diagnosi delle reazioni avverse agli alimenti è rappresentato da una dieta di eliminazione della durata di 8 settimane con controllo della scomparsa dei segni clinici in tale lasso di tempo. La diagnosi sarà eseguita a seguito della ricomparsa dei segni clinici dopo l’esposizione dell’animale agli alimenti che assumeva in precedenza e alla loro scomparsa a seguito del ritorno alla dieta ipoallergenica.

A livello di analisi di laboratorio, analizzando un campione di sangue è possibile stabilire se l’animale presenta anticorpi contro allergeni di origine animale o vegetale. Occorre però menzionare che l’interpretazione dei test ha un valore più che altro predittivo; i risultati negativi si aggirano intorno all’80%.

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Come viene diagnosticata l’allergia negli animali

La diagnosi della DAC si basa su un corretto protocollo diagnostico nell’ambito del quale devono sempre essere escluse le cause più comuni di prurito nei cani, come l’ectoparassitosi o le infezioni batteriche o fungine.

Purtroppo non è sempre possibile dimostrare la presenza di IgE mirate agli allergeni ambientali.

Analizzando un campione di sangue è possibile stabilire se l’animale presenta anticorpi contro la saliva delle pulci, contro agenti patogeni microscopici come Malassezia o contro allergeni ambientali.

Nel caso dell’allergia alimentare, il modo migliore per escluderla/diagnosticarla è mediante una dieta di esclusione o eliminazione della durata di almeno 8 settimane. Tale dieta dovrebbe basarsi su proteine nuove per l’animale o su alimenti commerciali altamente idrolizzati. I test di allergia alimentare sono utilizzati per stabilire quali alimenti occorre evitare di includere nella dieta di eliminazione.

Da tempo sono disponibili alcuni criteri diagnostici che i medici possono utilizzare per identificare i casi dermatologici suscettibili di essere una DAC. Uno studio di Favrot et al. ha dimostrato che, se vengono applicati 5 degli 8 criteri clinici riportati di seguito, è possibile diagnosticare la DAC con una sensibilità dell’85% e una specificità del 79% e differenziarla da altre malattie associate a prurito ricorrente o cronico.

Criteri di Favrot

Criteri diagnostici per la dermatite atopica del cane (almeno 5 confermati)

  1. Comparsa dei segni prima dei 3 anni di vita
  2. Cane che vive principalmente in ambienti interni
  3. Prurito che risponde ai glucocorticoidi
  4. Prurito sine materia nella fase iniziale (es. prurito primario/senza lesioni)
  5. Interessamento delle zampe anteriori
  6. Interessamento dei padiglioni auricolari
  7. Margini auricolari non interessati
  8. Area dorso-lombare non interessata

È disponibile un trattamento per il controllo dell’allergia?

L’allergia può essere controllata fino a far sì che l’animale non sia sintomatico, vale a dire, che non si gratti. Nel caso delle reazioni avverse a un alimento e dell’allergia al morso di pulce, il trattamento consiste nell’evitare gli allergeni (gli ingredienti coinvolti nel quadro clinico e la presenza di pulci, sia sull’animale che nell’ambiente in cui vive).

Nel caso della dermatite atopica del cane (DAC) è impossibile mantenere uno stretto controllo della presenza degli allergeni ambientali coinvolti, pertanto occorre ricorrere a terapie farmacologiche o all’uso dell’immunoterapia. L’immunoterapia dovrà essere considerata il trattamento di scelta per il controllo della DAC.

Grazie a Letiph.

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